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L’impronta idrica delle bioenergie

Il volume d’acqua impiegato della bioenergia è molto più ampia rispetto alle altre forme di energia, ma, dicono i ricercatori dell'Università di Twente, si risparmia più della metà dell'acqua con la produzione di bioelettricità rispetto alla generazione di biocarburanti

(Rinnovabili.it) – Nella continua ricerca di fonti alternative di energia che liberino dalla dipendenza delle fonti fossili e che possano vantare una bassa impronta ecologica, non sempre viene preso in considerazione un fattore altrettanto importante: l’impronta idrica, ovvero il volume di acqua dolce utilizzata per produrre beni e servizi per il consumo. In materia di agroenergie è ora pronta a far luce sulla questione, nella maniera più esaustiva possibile, l’Università di Twente, Paesi Bassi, Sulla base di studi precedenti un team di scienziati ha intrapreso un nuovo studio al fine di valutare la quantità di acqua necessaria per le colture di biomassa in rapporto alla destinazione finale: elettricità, bioetanolo o calore. Partendo dall’assunto che la destinazione di una coltura al campo bioenergetico richieda purtroppo un’impronta idrica molto più ampia rispetto alle altre forme di energia, i risultati raggiunti finora asseriscono che la produzione elettrica o di calore comporterebbe un quantitativo d’acqua notevolmente minore rispetto alla generazione dei biocarburanti. All’esame sono andate 13 colture dall’orzo ai semi di colza passando per il sorgo, la canna da zucchero e la jatropha.
Lo studio ha mostrato la rispettiva impronta idrica, mettendo in evidenza le destinazioni migliori per ciascuna coltura:
Bioelettricità: dimostrano un’efficienza migliore granturco, barbabietola da zucchero e canna da zucchero, vale a dire è più conveniente usare tutta la loro biomassa per l’elettricità piuttosto che solo il loro contenuto in zucchero, amido o olio per i biocarburanti.
Bioetanolo: barbabietola da zucchero, la patata seguite da canna da zucchero sono indicate come le migliori.
Biodiesel: le colture migliori sono i semi di soia e i semi di colza, mentre la jatropha risulterebbe essere la peggiore
Lo studio ha rivelato che per la bioelettricità le colture migliori sono, mentre le meno convenienti sono i semi di colza e la jatropha, che ha un’efficienza 10 volte minore dal punto di vista dell’acqua.
Scrivono gli autori: “Se ci sarà un cambiamento verso un maggiore contributo della bioenergia all’approvvigionamento di energia, i risultati di questo studio potranno essere usati per scegliere le colture e i paesi che producono bioenergia in maniera più efficiente dal punto di vista dell’acqua”.

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