I conti per rispettare la normativa UE del taglio delle emissioni nocive del 20%, utilizzando almeno il 20% di energia da fonti rinnovabili entro il 2020
Nel marzo 2007 il Consiglio europeo siglò un accordo sulle emissioni, trasformandolo nella cosiddetta direttiva europea “20-20-20”. Se venisse così applicata, il risultato sarebbe il taglio delle emissioni a livello mondiale di CO2 del 2% da parte dell’Unione Europea (dello 0,3% da parte italiana).
E’ giunto quindi il momento, per il Governo, di fare i conti con questa direttiva che oggi potrebbe costare all’Italia più di 23 miliardi di euro l’anno, fra il 2013 e il 2020, con ipotesi addirittura fino a 27 miliardi.
Questi almeno i risultati di un’analisi preliminare del Centro studi di economia dell’energia “Rie” diretto da Alberto Clô (a Bologna), che è stato in seguito esaminato e rielaborato dalla direzione Ricerca ambientale e sviluppo del Ministero dell’Ambiente, diretto da Corrado Clini. Ad analoghe conclusioni è giunta anche la direzione Energia, guidata da Sara Romano. Queste risultanze abbastanza simili, costituiranno i dati chiave che determineranno la posizione italiana al Consiglio europeo dei ministri, previsto per la metà del prossimo mese. La Commissione di Bruxelles fino ad oggi si è limitata a ipotizzare che lo sforzo economico richiesto potrebbe incidere attorno allo 0,6% del Prodotto interno lordo dell’Unione.
L’anno passato il nostro Paese l’Italia non solo aveva accettato il programma della UE, ma aveva richiesto obiettivi ancora più restrittivi. Però nei mesi scorsi il Governo ha deciso, prima di aderire incondizionatamente, di capire l’efficacia della direttiva.
Secondo le prime indicazioni che provengono dal ministero dell’Ambiente, sembrerebbe che entro il 2020 l’intensità energetica andrebbe ridotta fino ad un livello pari ad uno inferiore del 37% in relazione a quello del 2005.
In pratica, sostengono al ministero dell’Ambiente, occorrerebbe ottenere un rendimento energetico molto superiore a quello raggiunto fra il 1970 e il 2000. Servirebbero quindi tante centrali verdi equivalenti all’energia prodotta con 315 milioni di tonnellate di petrolio, con un incremento del 161% in 15 anni, e infine disporre di un numero sei volte superiore di centrali eoliche e solari.
Insomma, secondo il ministero, il costo totale per lo sviluppo delle risorse rinnovabili, entro il fatidico 2020, sarebbe di almeno di 50 miliardi e per il risparmio energetico non inferiore a 120 miliardi (quindi un costo/annuo pari a 15 miliardi nel periodo 2013- 2020). Poi occorre aggiungere gli oneri per l’acquisizione di quei crediti e permessi di emissione che serviranno per rientrare negli obiettivi fissati di riduzione delle emissioni. Questi costi sono valutati tra i 300 e gli 800 milioni di euro.