Rinnovabili

Inquinamento luminoso

L’inquinamento luminoso è un alterazione della quantità naturale di luce presente nell’ambiente notturno provocata dall’immissione di luce artificiale. Un’altra definizione considera l’inquinamento luminoso come ogni forma di irradiazione di luce artificiale che si disperde al di fuori delle aree a cui essa è funzionalmente dedicata e, in particolar modo, se orientata al di sopra della linea dell’orizzonte. Si tratta di un vero e proprio inquinamento: *un inquinamento della luce, ma soprattutto da luce*.
L’inquinamento luminoso causato dalla luce degli impianti di illuminazione pubblici e privati, comporta l’alterazione della visione del cielo notturno, arrivando ad impedirne totalmente la visibilità, oltre alla modifica degli equilibri dell’ecosistema, a problemi legati alla salute umana, ecc.

Attualmente molti impianti di illuminazione, oltre ad illuminare il corpo recettore, disperdono verso il cielo una gran quantità di luce.
Quando si parla di inquinamento luminoso bisogna chiarire che risolvere il problema non significa spegnere le luci bensì *illuminare meglio*. Il binomio _“più luce = più sicurezza”,_ non è più sostenibile; anzi, molto spesso, più luce significa non solo più spese inutili, ma se mal progettata significa proprio insicurezza.
Illuminare meno, ma soprattutto illuminare meglio, è e deve essere una innovazione, invece di una regressione come molti ostinatamente continuano a pensare, stabilendo una errata equivalenza tra luce e progresso, tra luce e sicurezza. Innovare nel campo ambientale, e non solo, a volte significa anche “decrescere”. Significa usare la nostra intelligenza per dare qualità e vivibilità ai nostri ambienti urbani.
Il tema dell’inquinamento luminoso è inoltre strettamente correlato con il risparmio energetico: infatti una frazione rilevante dell’energia elettrica impiegata per il funzionamento degli impianti di illuminazione esterna viene utilizzata per illuminare direttamente il cielo.

A livello internazionale e nel resto del mondo le attività in merito al contenimento dell’inquinamento luminoso si differenziano da paese a paese in quanto non esiste ad oggi una linea di tendenza comune.
Ad onor del vero, sebbene l’Italia sia evoluta sulla base delle esperienze e dei primi regolamenti degli Stati Uniti, forse perché si è occupata tra le prime di questo problema e perché la situazione in tale ambito nel nostro paese è peggiore che in altri, il nostro paese è sicuramente la nazione *leader al mondo* nell’attività di studio dell’inquinamento luminoso e del suo contenimento.
Esistono comunque anche in Europa alcuni esempi di leggi regionali e persino nazionali.

Anche il Codice della Strada (art. 23) contiene norme riguardanti fenomeni di abbagliamento e prescrizioni concernenti l’inquinamento luminoso _[Lungo le strade o in vista di esse e’ vietato collocare [….] sorgenti luminose che […] possono […] arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione; Sono, altresi’, vietati i cartelli e gli altri mezzi pubblicitari rifrangenti, nonché le sorgenti e le pubblicità luminose che possono produrre abbagliamento.]_

In Veneto è in vigore la *L.R. n. 17 del 07 agosto 2009* “Nuove norme per il contenimento dell’inquinamento luminoso, il risparmio energetico nell’illuminazione per esterni e per la tutela dell’ambiente e dell’attività svolta dagli osservatori astronomici”, che coniuga i migliori criteri tecnici per il contenimento dell’inquinamento luminoso con quelli relativi al risparmio energetico.
Ad una prima impressione il tema dell’inquinamento luminoso può sembrare marginale rispetto ad altri, invece esso merita considerazione anche perché è strettamente correlato con il tema del risparmio energetico.
I dati raccolti fino ad oggi confermano in modo preoccupante che, solo in Italia, ogni anno vengono sprecati molti milioni di Euro per difetti di progettazione, di realizzazione o gestione degli impianti di illuminazione esterna ovvero per l’uso di corpi illuminanti non a norma.

Molti impianti di illuminazione, se non la maggior parte, oltre ad illuminare il corpo recettore, disperdono infatti ove non richiesto e/o verso il cielo una gran quantità di luce. Questa luce forma quell’alone giallo che sovrasta oramai non solo più le nostre città, ma anche alcune zone ritenute fino ad oggi incontaminate. In più la luce, a causa del fenomeno della dispersione, si trasmette a distanze molto elevate.
L’inquinamento quindi costituisce un inutile spreco energetico e di risorse economiche. Per i Comuni, la voce delle spese relative all’illuminazione pubblica potrebbe drasticamente calare se gli impianti fossero ben progettati e non sovradimensionati.

La tematica, apparentemente semplice, è alquanto complessa nei suoi risvolti tecnici.

La valutazione delle caratteristiche di controllo dell’inquinamento luminoso e di rispondenza di un impianto di illuminazione alla legislazione si esegue sui dati di progetto. La verifica che l’installazione sia stata eseguita conformemente al progetto è effettuata in fase di collaudo.
La valutazione si deve basare sui criteri fondamentali per il corretto contenimento dell’inquinamento luminoso:
* Il primo criterio è quello di evitare le emissioni di luce sopra l’orizzonte;
* Il secondo criterio è quello di non sovra illuminare;
* Il terzo criterio è quello di usare lampade la cui distribuzione spettrale della luce abbia la massima intensità alle lunghezze d’onda a cui l’occhio ha la massima sensibilità nelle condizioni tipiche delle aree illuminate;
* Il quarto criterio è quello di valutare l’efficienza totale dell’apparecchio e/o dell’impianto che deve avere valori consistenti.

Le più recenti legislazioni regionali italiane riprendono i criteri tecnici generali sopraesposti stabilendo i requisiti che ogni impianto di illuminazione deve avere:
a) Zero emissione (tra 0 e 0.49 candele per 1.000 lumen di flusso luminoso) di flusso totale emesso a novanta gradi ed oltre;
b) Utilizzo di lampade ad alta efficienza luminosa;
c) Utilizzo dei livelli minimi di luminanza e di illuminamento previsti dalle norma tecniche specifiche;
d) Utilizzo di riduttori che riducano il flusso almeno del 30 % entro le ore 24.

Inoltre per l’illuminazione stradale si devono osservare le seguenti prescrizioni:
e) apparecchi con alto rendimento in genere superiore al sessanta per cento;
f) rapporto interdistanza – altezza maggiore di un certo valore ( in genere prossimo a 4 );
g) massimizzazione dell’utilanza (rapporto fra il fattore di utilizzazione e il rendimento dell’apparecchio).

Solitamente nella progettazione nessuno, o in certi casi solo alcuni, di questi requisiti vengono rispettati: oltre al criterio base a), quasi sempre è il criterio c) il più disatteso, pur essendo la norme regionali e quelle tecniche di settore molto chiare.
Le soluzioni sia per i privati che per i Comuni ci sono, sono spesso molto semplici e non necessariamente dispendiose; anzi se c’è una spesa da sostenere la stessa rientra nel giro di pochi anni grazie alla migliore progettazione ed ai minori consumi.

Il tema dell’inquinamento luminoso è inoltre legato al tema delle fonti rinnovabili: l’utilizzo di tali fonti perde infatti di valore se prima non riduciamo gli sprechi e utilizziamo l’energia con quel buon senso che spesso le norme cercano di riportare in luce.

Il cielo stellato, al pari di tutte le altre bellezze della natura, è un patrimonio che deve essere tutelato nel nostro interesse e in quello delle generazioni future. Anche l’UNESCO, nella sua Dichiarazione Universale dei Diritti delle Generazioni Future, ha sancito esplicitamente che: “Le persone delle generazioni future hanno diritto a una Terra indenne e non contaminata, includendo il diritto a un cielo puro”.

Come disse Tullio Regge, in un recente articolo, _“Non facciamoci rubare le meraviglie del cielo! ”_
… e io aggiungo: _“Non sprechiamo energia e illuminiamo bene, cioè dove, come e quando serve.”_

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