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In città spuntano le prime case con riscaldamento geotermico

A Bergamo spuntano esempi di riscaldamento geotermico. Dopo l’articolo di Bergamonews, che approfondiva la “provocazione” lanciata dall’Università, le segnalazioni si moltiplicano. C’è la nuova scuola per l’infanzia di via Codussi (via al cantiere nel 2009), come ha ricordato il Comune, ma qualcosa si muove anche nell’edilizia privata. L’architetto Filippo Simonetti spiega che il calore geotermico già da un anno riscalda una palazzina di via Scuri: “E’ già stato esaurito il primo ciclo inverno-estate, il sistema ha dato prova di funzionare bene. Un secondo edificio è in fase di completamento in via Verdi (sorto sulle ceneri del cinema Ritz, ndr): per pescare il calore del suolo siamo scesi fino a 100-150 metri di profondità. Un’altra casa “geotermica” è in corso di realizzazione in via Broseta”. D a addetto ai lavori, Simonetti si sofferma sui costi: “La spesa va dai seimila ai diecimila euro in più per appartamento rispetto ai prezzi di mercato. Questo per quanto riguarda le case nuove, per le abitazioni vecchie l’installazione dell’impianto avrebbe costi molto elevati”.
L’investimento ha un buon ritorno sia dal punto di vista del risparmio che del contributo all’ambiente: “La resa del riscaldamento geotermico è buona, specialmente se lo si abbina a un buon isolamento. Certo, c’è il costo della bolletta elettrica per far funzionare la pompa di calore, ma il risparmio è comunque garantito. E poi si azzerano le emissioni. Nella casa di via Verdi siamo andati oltre, eliminando anche il gas. La cucina funziona infatti ad induzione”. In parole povere, l’acqua della pasta viene scaldata sfruttando un principio magnetico.
La geotermia insomma fa proseliti. A mettere i bastoni fra le ruote, tanto per cambiare, c’è però la burocrazia. “Un regolamento regionale prevede la richiesta di concessione per l’uso dei corpi idrici del sottosuolo non solo se si preleva acqua ma anche per gli scambi di calore. Se si scava e si passa attraverso la falda, insomma, occorre chiedere il permesso e pagare una tassa. Ma se la tassa è irrisoria, i tempi per ottenere la concessione non sono mai inferiori a due mesi, nonostante l’impegno dei tecnici della Provincia. E così si rischia di dover fermare i lavori finchè non arriva il sospirato foglietto”.

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