Dopo tanto clamore per i gravi danni provocata dall'inquinamento da diossina, l'Ilva ora in crisi parteciperà ad una riunione collegiale al ministero dell'Ambiente
Il mercato va male e la famiglia Riva, proprietaria dell’Ilva ha deciso di rallentare la produzione. L’azienda, sotto accusa per essere proprietaria dell’impianto di Taranto, l’acciaieria che emette la percentuale più alta di diossina in tutta l’Europa fuori da ogni normativa italiana o europea, da lunedì rallenterà la produzione. Il treno lamiere dell’Ilva di Taranto si fermerà una settimana su 4, poi sarà la volta del treno nastri 2 e dal 2 marzo potrebbero quindi esserci circa 5000 i lavoratori in cassa integrazione.
Senza nuove commesse si fermano gli impianti, hanno dichiarato i segretari provinciali di Fim, Fiom e Uilm di Taranto, Lazzaro, Fiusco e Palombella, i quali temono che l’azienda decida di andare a produrre all’estero a causa della crisi di mercato è palpabile.
Mercoledì il responsabile del dicastero dell’ambiente, le organizzazioni sindacali, l’Arpa, la Regione, la Provincia , i Comuni di Taranto e Statte e la famiglia Riva per superare i vincoli di emissione stabliti dalla della legge regionale antidiossina (quella voluta dal Presidente Vendola) e dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) il cui rilascio per aprile è stato escluso dal momento che l’Ilva, già si sa, non sarà in grado di rispettare i parametri fissati dalla legislazione regionale pugliese.
Secondo i rappresentanti sindacali di categoria la legge è stata approvata avvalendosi solo dei pareri dei tecnici della Regione e dell’Arpa, escludendo quelli dello stabilimento siderurgico.
“Bisogna capire – hanno detto Lazzaro, Fiusco e Palombella che – se Riva è disposto ad acquistare gli impianti che consentano di arrivare entro il 2010 ai 0,4 nanogrammi di diossina per metro cubo d’aria altrimenti è inutile parlarne.