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Il surriscaldamento climatico tiene sotto scacco la Russia

Se la temperatura aumenterà anche solo di due gradi lo strato di ghiaccio perenne che si trova nel sottosuolo del 65% del Paese si scioglierà, destabilizzando costruzioni e danneggiando infrastrutture

I cambiamenti climatici stanno già facendo suonare i primi campanelli d’allarme in Russia. Secondo quanto riportato al Consiglio della federazione nella relazione del viceministro della protezione civile, Ruslan Tsalikov, il riscaldamento globale metterà in seri guai il 65% dei territori del paese, caratterizzati dalla presenza nel sottosuolo di uno strato di ghiaccio perenne, il cosiddetto permafrost. Lo scioglimento di questi ghiacci al di sotto di grandi città come Norilsk e Dudinka destabilizzerebbe infatti le costruzioni, le cui fondamenta affondano direttamente nel permafrost, provocando crolli a catena. Il pericolo prospettato è più vicino di quanto si possa pensare: “Se la temperatura aumenterà di 2-4 gradi, il cambiamento sarà irreversibile. Tra 20-25 anni – ha detto il viceministro – la criozona si sposterà dai 30 agli 80 chilometri, e nel 2050 si arriverà a 150- 200 chilometri”. “A Iakutsk – spiega Tsalikov – in Siberia centrorientale, già nel 2030 la situazione dei crolli potrebbe essere catastrofica. Più del 25% delle abitazioni standard costruite fra gli anni ’50 e gli anni ’70 potranno essere distrutte”. Nel problema saranno coinvolti anche gasdotti e oleodotti: “Già adesso registriamo 35.000 incidenti annui, di cui il 21% collegato alla perdita di stabilità delle fondamenta e alla deformazione dei sostegni”. Ed ancora più catastrofica sarebbe la situazione nell’isola di Novaia Ziemlia, a ridosso della calotta polare e deposito di notevoli quantità di scorie radioattive, che rischierebbero così di finire disperse in mare. A ciò si deve aggiungere il rischio del rilascio, da parte dei pozzi sottomarini, del petrolio solidificato e dei metalli pesanti, la scomparsa di specie animali e le possibili fughe di metano dai ghiacci artici. “Nel settembre 1979 – conclude Tsalikov – il ghiaccio artico occupava 7,2 milioni di chilometri quadrati, nel settembre 2007 era a 4,3 milioni. Dal 2000 al 2005 c’è stata una diminuzione del 20%, e solo dal 2005 al 2007 di un ulteriore 23%”.