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Il modulo fotovoltaico tra invenzione ed innovazione

Quali sono le reali potenzialità scaturite del connubio di questa tecnologia con l’edificio? L’ossimoro di una semplice complessità

Elemento frenante in merito ad un’adeguata Integrazione Architettonica Fotovoltaica potrebbe forse essere costituito attualmente dalla ancora relativamente scarsa conoscenza dei materiali da costruzione utilizzati a tal fine, ovvero i moduli fotovoltaici, la cui tecnologia è in continua evoluzione.
I suddetti materiali da costruzione nelle loro forme più innovative (di commistione delle celle in silicio mono, poli-cristallino, amorfo e così via con il vetro e con altri materiali trasparenti) infatti sono soggetti ad un mercato che ancora – ad oggi – non sembra essersi sviluppato a sufficienza dal punto di vista della ricerca – a livello di verifica dei ” pezzi”, sia come resa sperimentale in laboratorio che come monitoraggio, accurato, una volta posti in opera i moduli.
A quanti anni prima della nascita del Brunelleschi si può far risalire l’invenzione del mattone? Eppure al Maestro soprattutto è imputabile l’audace innovazione di averlo disposto a “spina-pesce” al fine di ottenere un risultato, quale l’imponente cupola di Santa Maria del Fiore, assolutamente impensabile (almeno dal punto di vista tecnico) a quei tempi.
E’ così che la materia, e con essa ogni materiale da costruzione, in particolare attraverso il suo approfondito studio, si trasforma, nelle mani sapienti – e spesse volte geniali – dell’ “esperto”, un tempo detto “Maestro”, in autentica innovazione piuttosto che non solo in mera, materica, invenzione.
Il punto sembra essere il più delle volte arrivare alla sintesi delle molteplici esigenze che fomentano il germe della creatività in questo senso: resistere alla forza di gravità, all’usura, al tempo, ad un impatto visivo sgradevole o comunque in certa misura – sempre secondo punti di vista soggettivi ma teoricamente plausibili – “inquinante”.
Il Fotovoltaico, tacciato un tempo persino dagli stessi colleghi architetti di essere “brutto”, purtuttavia, come alcune brillanti soluzioni progettuali dimostrano (si veda per esempio il Parcheggio, a Zwolle, in Olanda, integrato brillantemente in facciata, a parete “opaca” per così dire ” a rilievo”, nel 2003, con moduli FotoVoltaici, di “prima generazione”, della RWE Schott Solar – nella foto) non era impossibile da integrare, era “semplicemente” complesso. (Il bravo progettista non è peraltro quello che riesce magicamente a trasformare il limite in un vantaggio?). Purtroppo per alcuni aspetti la suddetta complessità è rimasta.
Infatti, in generale, quale, o meglio quali le priorità da attribuire ad una o alcune prerogative piuttosto che non ad altre? E’ nel trovare questa risposta, a parere dell’autrice, che giace una delle più sottili sfide dei nostri tempi. E così come il restauratore ha il compito di occuparsi del parco edilizio del passato – con tutte le complesse responsabilità che tale delicata mansione comporta (per esempio nel caso di Integrazione Fotovoltaica Retrofit) – ad altri è dato di occuparsi degli organismi edilizi esistenti ed a venire, nella misura del possibile o dell’ipotizzabile giacchè oggi, in fondo, sembra si sia quasi al punto di poter afffermare che ogni cosa ipotizzabile sia anche realizzabile…
Ma veniamo, in dettaglio alla descrizione più dettagliata di alcuni tipi di moduli innovativi, quali ad esempio le celle CSG (“crystalline silicon cells on glass”) e le “Sliver cells”.
Diversi esperti di tecnologia FotoVoltaica australiani, afferenti a vari gruppi di Ricerca e Sviluppo (quali le Università del New South Wales nel caso del Dr Martin Green e la Australian National University nel caso del Dr Andrew Blakers), ritengono che la effettiva convenienza economica del settore, rispetto alla prevista riduzione, a lungo termine, del prezzo dei moduli FotoVoltaici tradizionali, sarà data piuttosto dalla diffusione dei nuovi tipi di tecnologia FV dei moduli da loro rispettivamente scoperti/inventati e prodotti, quali la tecnologia del film sottile CSG: “Crystalline Silicon on Glass” e quella delle “Sliver cells”.
Segue qualche ulteriore dettaglio su entrambe le suddette tecnologie, sempre tratto dal recentissimo ed interessantissimo libro “Greenhouse solutions with sustainable energy” del Dr Mark Diesendorf che da circa trent’anni si occupa di rinnovabili ed, a maggior ragione, ultimamente si batte per dimostrarne inconfutabilmente la attuale convenienza economica – si noti bene: attuale, non prevista…- di alcune F.E.R., in primis l’eolico, rispetto alle fonti tradizionali, per esempio il carbone.
Nella tecnologia del film sottile CSG, ovvero “Crystalline Silicon on Glass”, del silicio amorfo viene depositato sotto vuoto sul vetro e successivamente ri-cristallizzato per formare del silicio micro-cristallino a grana fina, sul quale si producono celle FV col 9% di efficienza.
Usando solo 1/100 dello spessore delle celle FV del tipo a wafer, più tradizionale rispetto a questi moduli della cosiddetta “next generation”, dovrebbero comunque arrivare a produrne il 65% della potenza – i risultati della ulteriore ricerca e sviluppo prevista in merito dovrebbero essere pronti nel 2012.
In merito alle Sliver Cells, ottenute con la “Sliver solar cell technology”, si può dire brevemente che la differenza fondamentale tra le celle FV convenzionali e le SC – che pure utilizzano materiali e tecnologie standard – sembrerebbe essere nel diverso tipo di lavorazione: nelle celle tradizionali il trattamento ha luogo sulla superficie dei wafer di silicone (single crystal) – attraverso un processo bi-dimensionale dunque – mentre nel SC la lavorazione avviene nel volume della cella – tramite un procedimento, in definitiva, tri-dimensionale.
Gli inventori asseriscono che efficienze intorno al 20% possono venire raggiunte in fase di produzione a livello industriale, nella fase matura della tecnologia Sliver, con un abbattimento del consumo, per la produzione dei moduli, di silicio (di grado “iper” puro) di almeno il 90% rispetto alle lavorazioni tradizionali.
“I moduli Sliver sono descritti come efficienti, economici, double-face, trasparenti, flessibili, tolleranti gli ombreggiamenti e di peso leggero(light-weight)”.
Altre novità della “next generation” di moduli FotoVoltaici nell’emisfero australe sono costituite dalla “nanotechnology”, ai “nano-tubes” di carbonio, sviluppata di recente presso la Queensland University of Technology e dai polimeri sintetici su cui sta lavorando un’ Università in Nuova Zelanda; ma per queste, nonchè per ulteriori esempi di Integrazione FotoVoltaica (di varia generazione – fino alla terza) a livello internazionale, più o meno riusciti, si rimanda a successivi approfondimenti.

(fonti: “Greenhouse solutions with sustainable energy” © Mark Diesendorf 2007, “www.unswpress.com.au”:https://www.unswpress.com.au ; “www.qut.edu.au”:https://www.qut.edu.au ; “www.cgsolar.com”:https://www.cgsolar.com ; “www.originenergy.com”:https://www.originenergy.com.au ; “www.schott.com”:https://www.schott.com)

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