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Il girasole: dal campo al motore

Ormai da numerosi anni si stanno sperimentando in varie regioni italiane colture agro energetiche al fine di adattarle oltre che agli usi classici anche ad un uso alternativo quello della creazioni di cosiddette filiere verdi
Tra le colture il che hanno per così dire riscosso maggior successo e la cui coltivazione può essere “allargata”all’ interno di filiere verdi per l’ottenimento di biocarburanti (e non solo) possiamo citare il girasole (Heliantus annuus L.), coltura annuale, che ben si adatta ai terreni dell’Italia centro Settentrionale (Umbria, Toscana e Marche in particolare)
A questo riguardo va sottolineare con estremo piacere soprattutto per il coraggio che si è inteso mettere in campo alla sua realizzazione non tanto per i risultati finali, un progetto (portato avanti nell’anno 2007-2208) che lega l’intera filiera del girasole (con un eufemismo ma che può rendere bene l’idea, potremmo usare uno slogan “energia verde dal campo al motore”) al fine di ottenere biodiesel, che prende il nome di S.I.En.A. (città e provincia dove il progetto è stato sviluppato).
Il progetto è stato messo in piedi in primis grazie al coinvolgimento di organizzazioni professionali del settore agricolo toscano, Toscana cereali, università di Pisa (a cui è stato demandato il controllo della fase agricola), con l’intervento del consorzio agrario di Siena (fondamentale nello stoccaggio dei semi di girasole), l’università di Firenze che ha monitorato l’utilizzo del biodiesel (valutazione di consumi ed emissioni, non che usura dei mezzi), Lega Ambiente la quale in collaborazione con la Provincia di Siena ha curato la diffusione dei risultati, mentre il coordinamento delle attività progettuali è spettato ad ARSIA (Agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura), Cispel Confservizi Toscana, senza dimenticare i finanziatori che di fatto ne hanno reso possibile la partenza, Monte dei Paschi di Siena e Regione Toscana
L’intento che è stato perseguito è quello di alimentare con biodiesel (75% gasolio – 25% olio di girasole) alcuni tra mezzi pubblici e mezzi adibiti alla raccolta dei rifiuti della città del palio e della provincia senese.
Le varie fasi della filiera hanno visto: raccolta dei semi (acheni) e loro stoccaggio presso il consorzio agrario di Siena, passaggio all’Italcol di Firenze dove sono stati sottoposti a spremitura, ottenendo olio grezzo che è stato avviato alla trasformazione finale (in biodiesel appunto) presso la Fox Petroli di Chieti.
Il biodiesel ottenuto seguendo le fasi sopra descritte ha trovato utilizzo come carburante per cinque autobus della città toscana e per quattro mezzi per la raccolta dei rifiuti a Siena e in parte della provincia, nel periodo Giugno 2008-Aprile 2009
Dopo aver in maniera molto stringata enunciato i punti chiave del progetto svisceriamone le singole fasi entrando più nel dettaglio di ogni una di esse.
Il progetto nella prima fase ha interessato cinque aziende agricole della provincia di Siena per un totale di 150 ha coltivati a girasole, con un ricavo di 300 €/tonnellata, e di 45 € ad ettaro quale contributo comunitario per le colture energetiche, e alla luce di ciò solo per due aziende la coltivazione del girasole è stata remunerativa.
Problema della scarsa redditività è da imputare allo sfavorevole andamento climatico che ha provocato una diminuzione della resa in granella.
La seconda fase ha previsto il ritiro dei semi e lo stoccaggio da quattro aziende su cinque, da parte del consorzio agrario di Siena, cedendone il prodotto alla Italcol di Castel Fiorentino (provincia di Firenze) che ha eseguito la prima trasformazione, quella cioè dell’olio grezzo dai semi.
L’azienda fiorentina ha remunerato il consorzio agrario di Siena con 20 €/ton (servizi di stoccaggio e trasporto) e le aziende con 220 €/ton (fornitura dei semi), non che sempre a quest’ultime sono state indennizzate con 80€/ton per l’oscillazione dei prezzi.
Il quantitativo in olio estratto dalle 212 tonnellate di semi è ammontato a 82,8 tonnellate, con una resa del 39%.
I costi totali per acquisto, stoccaggio, ed estrazione sono stati di 296,28 €/ton di semi.
La terza fase (quella finale) ha riguardato la seconda trasformazione, consistente nella raffinazione dell’olio, eseguita presso la stazione della Fox Petroli a Vasto (Provincia di Chieti).
In tale fase è stato eseguita l’esterificazione, che prevede la reazione olio – metanolo, in presenza di idonei catalizzatori, con formazione estere metilico (il biodiesel) e glicerina grezza.
Sempre presso la medesima raffineria abruzzese è stato stoccato il biodiesel ottenuto, miscelato al gasolio.
Da tenere in considerazione quando si parla di progetti che cercano di incrementare il ricorso a fonti di energia rinnovabili, l’impatto ambientale ed in questo caso trattandosi di matrice vegetale, il costo energetico dei coprodotti (panello di girasole utilizzato nell’alimentazione zootecnica, e glicerina ottenuta nella fase di esterificazione).
Il consumo di energia per Kg di biodiesel è risultato pari a 372 g/kg, che fa del biodiesel un combustibile rinnovabile al 59%.
La sostituzione di 1 Kg di gasolio con un equivalente di biodiesel prodotto nella provincia di Siena permette la riduzione del 50% delle risorse fossili abbattendo anche le emissioni di CO2 nella singole fasi della filiera.
Inoltre è stato dimostrato che i maggiori consumi energetici si sono avuti nella fase agricola (in particolare concimazione azotata, e consumo di gasolio nelle operazioni colturali).
I mezzi di trasporto urbano senese coinvolti (cinque in tutto, di cui quattro urbani ed uno extraurbano )hanno richiesto ventidue forniture di miscela mentre per quel che riguarda i mezzi per la raccolta dei rifiuti la sperimentazione ha riguardato due auto compattatori da ventisei tonnellate e due minicompattatori.
La sperimentazione ha dato anche la possibilità di controllare l’andamento dei prezzi della miscela e del gasolio utilizzato sia per gli autobus che per i mezzi adibiti alla raccolta dei rifiuti.
E’emerso un divario minimo tra i due carburanti, e comunque il prezzo del gasolio è risultato inferiore rispetto a quello del biodiesel.
Tirando le fila del discorso possiamo dire che l’utilizzo del biodiesel non ha dato gli effetti sperati, neanche dal punto di vista delle diminuzioni di numerose emissioni (se si eccettua l’ossido di carbonio, per un totale di appena il 10-15% rispetto al gasolio).
Il progetto Siena ha avuto solamente carattere sperimentale, e pur nella sua complessità (dovuta ad una serie di fattori, primo tra questi quello economico e impatto ambientale.) è riproposto in maniera differente (sostanzialmente per altri progetti) ma con gli stessi intenti in altre zone d’Italia ricorrendo anche ad altre colture agro energetiche e da biomassa.
Naturalmente i vari fattori che per così dire ostacolano il ricorso alle agro energie, soprattutto l’impatto ambientale e le emissioni di sostanze nocive non hanno giocato favorevolmente al suo apprezzamento che potrà, se meglio raccordato con i vari componenti della filiera (agricoltori, stoccatori, produttori della materia prima), portare dei vantaggi non indifferenti ad una economia che intende basarsi sul concetto di filiera corta (requisito essenziale per lo sviluppo e per la fattibilità economica di progetti di questo genere).
La filiera corta che come nel caso del progetto in questione, gioverà sicuramente allo sviluppo di economie agricole legate al territorio, senza snaturarne la vocazione principale, ovvero quella di legare ambiente-cibo e produzioni tipiche.
Le energie rinnovabili (agro energie in questo caso) come detto possono fungere da “volano” di sviluppo, integrando quella che è il compito primario dell’agricoltura, produrre cibo, e non essere relegate al ruolo di comprimarie ma permettendo grazie ad esse una integrazione al reddito agricolo.
Per lo sviluppo delle agro energie è necessario però che da parte della gente e degli agricoltori (soprattutto) si attui un cambio di mentalità, che esse non vengano considerate come coltivazioni le quali porteranno a morte l’agricoltura, provocando enormi riduzioni di superfici coltivabili per le colture alimentari causando di conseguenza un aggravio ancora maggiore all’incremento della fame nel mondo, ma come una opportunità se ben gestita, senza fare troppi “voli pindarici”( ma restando von i piedi ben saldi per terra) di sviluppo “locale” .