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Il futuro dell’energia si chiama idrogeno

I molteplici progetti sull’idrogeno in tutto il mondo evidenziano un interesse crescente per questo vettore energetico, che potenzialmente potrebbe cambiare in modo radicale l’attuale sistema energetico

“L’idrogeno rappresenterà la terza rivoluzione industriale, dopo quelle legate al carbone e al petrolio”. Così afferma l’economista statunitense Jeremy Rifkin, presidente della Foundation Economic Trends, da anni sostenitore dell’idrogeno (H2) quale combustibile del futuro e unica valida alternativa al petrolio, perché è l’unico realmente pulito dato che la sua combustione produce come scarto soltanto acqua sotto forma di vapore.
L’idrogeno, però, al contrario dei combustibili fossili, non è una fonte primaria, bensì un vettore energetico, ossia un mezzo per trasportare e immagazzinare energia. In natura, infatti, non esiste allo stato elementare e deve essere quindi ricavato dalle sostanze che lo contengono (l’acqua e tutti i composti organici) mediante processi che impiegano energia. E qui è l’ostacolo maggiore alla sua diffusione.
Oggi il 97% dell’idrogeno industriale si ricava da carbone, metano e petrolio, con un’elevata produzione di anidride carbonica. In questo modo non solo non ci si svincola dai combustibili fossili, ma si incrementa anche il riscaldamento globale.
La soluzione migliore sarebbe quella del cosiddetto idrogeno “verde”, ossia ricavato dall’elettrolisi dell’acqua alimentata dall’energia rinnovabile di sole, vento o biomasse. Si tratta però di una tecnologia economicamente molto costosa e perciò utilizzabile, per ora, solo a livello sperimentale.
Inoltre i processi di produzione dell’idrogeno attualmente utilizzati sono inefficienti dal punto di vista termodinamico, nel senso che richiedono un’energia maggiore di quella che si ricava dallo stesso idrogeno usato come combustibile.
La ricerca sta però facendo notevoli progressi, soprattutto sulle celle a combustibile, i dispositivi elettrochimici per produrre elettricità e calore dall’idrogeno. Tali dispositivi incominciano ad avere diverse applicazioni interessanti sia in campo automobilistico, sia per la generazione elettrica degli edifici. L’idrogeno inizia ad essere richiesto come combustibile e una maggiore domanda porterà inevitabilmente a sviluppare sistemi per la sua produzione più efficienti ed economici e meno impattanti sull’ambiente.
Le tecnologie dell’idrogeno stanno perciò attirando molte risorse economiche. Stati Uniti e Giappone negli ultimi cinque anni hanno stanziato più di 200 milioni di dollari all’anno e la Germania stanzierà 500 milioni di euro nei prossimi dieci anni. In Italia la Finanziaria 2008 ha stanziato 10 milioni di euro per la Piattaforma nazionale dell’idrogeno, che dovrà creare sinergie tra Enti Pubblici e industria e sviluppare i necessari piani d’azione.
Nell’ottobre 2007 la Commissione Europea ha presentato l’Iniziativa tecnologica comune (Jti – Joint technology initiative) per le celle a combustibile, che verrà finanziata anche con le risorse del Settimo Programma quadro ricerca 2007-2013. La Commissione Europea ha proposto di investire 470 milioni di euro e se ne attendono altrettanti dall’industria. A fine maggio 2008 il Parlamento dell’Unione ha approvato la proposta della Commissione e ha stanziato i fondi per la Jti.
Anche sul fronte della normativa si stanno registrando positivi progressi. Appositi gruppi di studio del Global technical regulation e dell’Iso stanno infatti lavorando per completare le carenze delle regolamentazioni internazionali. L’Unione Europea ha presentato nel 2007 una proposta di regolamento per l’omologazione delle auto ad idrogeno e si attende per la fine di quest’anno la sua approvazione da parte del Parlamento e del Consiglio. Nel nostro Paese il Ministero dell’Interno ha pubblicato nel 2006 il Decreto contenente le regole tecniche per la progettazione, costruzione e gestione degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione.
I gruppi industriali maggiormente coinvolti in questa nuova rivoluzione sono chiaramente quelli dei trasporti. Già nei prossimi due o tre anni, secondo le dichiarazioni delle più grandi case automobilistiche, potrebbe iniziare la produzione in serie di veicoli alimentati ad idrogeno.
General Motors ha investito più di un miliardo di dollari per sviluppare un modello di auto ad idrogeno. Toyota nel settembre 2007 ha sviluppato il veicolo FCVH, che è riuscito a coprire i 560 Km tra le due città giapponesi di Tokyo e Osaka con meno di un pieno. BMW ha annunciato che nel 2010 commercializzerà i primi modelli di veicoli Serie 7 con un motore misto idrogeno-benzina. Quest’estate Honda ha messo sul mercato giapponese e statunitense la FCX Clarity, berlina elettrica ad idrogeno con prestazioni di tutto rispetto: 100 cavalli, velocità massima di 160 km orari e autonomia di 620 chilometri. Gli elevatissimi costi di produzione (circa un milione di dollari) impongono però, per ora, una commercializzazione tramite leasing solo a grandi aziende pubbliche.
L’Italia è molto coinvolta nella ricerca sull’idrogeno con diversi progetti avviati e che coinvolgono sia Enti Pubblici, che importanti aziende private.
Nel campo dei trasporti Fiat è in prima linea. Dopo le prime sperimentazioni di Elettra H2 Fuel Cell e Seicento Hydrogen, nel 2006 ha messo su strada la Panda Hydrogen con il preciso e dichiarato obiettivo di commercializzare questi veicoli entro i prossimi 15 anni. Già oggi tre Fiat Panda alimentate ad idrogeno circolano a Mantova per il progetto europeo Zero Regio.
Questo progetto, cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Sesto Programma Quadro dell’Unione Europea e che in Italia coinvolge direttamente la Regione Lombardia, ha lo scopo di sviluppare sistemi di trasporto su strada ad emissioni zero. In dettaglio sono state allestite due stazioni di rifornimento per autovetture ad idrogeno, una a Francoforte e una a Mantova (Eni, uno dei partners del progetto, ha promesso di realizzare entro due anni altre 12 stazioni), e due piccole flotte di vetture a celle combustibili e dotate di sistemi per la raccolta dei dati per l’analisi della sperimentazione. I risultati ottenuti nel corso del progetto contribuiranno al conseguimento dell’obiettivo fissato dalla Commissione Europea di sostituire entro il 2020 il 5% dei combustibili per autotrazione con l’idrogeno.
La Regione Lombardia partecipa anche al progetto Bicocca, che ha l’obiettivo di sperimentare e sviluppare a Milano diversi sistemi energetici alimentati ad idrogeno: un reformer per estrarre idrogeno dal gas naturale, con una capacità produttiva di 1.000 metri cubi/ora, un sistema ibrido pila combustibile – microturbina da 500 kW e un idrogenodotto in grado di alimentare una pila polimerica da 10 kW. Inoltre sono state acquistate tre vetture a idrogeno con motore a combustione interna ed è stato realizzato un distributore di idrogeno, sia liquido che gassoso. Il distributore, in particolare, ha avuto una vicenda controversa. Era stato infatti inaugurato nel settembre 2004, ma poi subito dopo smantellato per ragioni di sicurezza. In realtà mancava ancora l’idrogenodotto per collegarlo alla centrale di produzione e quindi era di fatto inutilizzabile. Entro quest’anno dovrebbe riaprire e diventare pienamente operativo. Il condizionale è d’obbligo: i recenti problemi finanziari di Zincar, la società a partecipazione comunale responsabile del progetto, potrebbero rallentare la fine dei lavori e l’avvio della sperimentazione.
I motori a celle combustibili (progetto Zero Regio) e quelli combustione interna (progetto Bicocca) hanno entrambi pregi e limiti. I primi hanno prestazioni di velocità, accelerazioni e consumo eccellenti e rendimenti anche più elevati rispetto ai motori a benzina. Però hanno un costo molto elevato che potrà divenire competitivo realmente non prima di 15/20 anni. I motori a combustione interna al contrario potrebbero essere prodotti entro breve a prezzi competitivi, ma hanno prestazioni modeste, soprattutto come autonomia, perché, per le loro caratteristiche, non riescono a sfruttare completamente le potenzialità dell’idrogeno.
Per superare queste problematiche una soluzione potrebbe essere l’uso dell’idrogeno in miscele con gas naturale. I costi di vetture con motori termici alimentati da miscele costituite per il 20-30% da idrogeno e l’80-70% da gas naturale sarebbero paragonabili a quelli delle attuali auto a metano, le prestazioni sicuramente interessanti e le emissioni molto inferiori delle normali vetture a gas. Fiat ha già presentato al salone dell’auto di Francoforte nel settembre 2007 la Panda Aria alimentata da una miscela metano-idrogeno.
La Regione Lombardia ha avviato in questo ambito il progetto Miscela, che prevede l’allestimento di una flotta di ben 20 esemplari di auto gas-idrogeno e, in accordo con Eni, la realizzazione ad Assago e a Monza di due stazioni di rifornimento multicombustibile con distributori in grado di erogare sia una miscela metano-idrogeno a percentuali variabili di idrogeno; sia idrogeno puro per rifornire auto a celle a combustibile.
Anche lo stazionario sta muovendo passi importanti. A Milano, Fast, la Federazione delle associazioni scientifiche e tecniche, ha ottenuto nel 2007 il permesso per installare nel proprio centro congressi una cella a combustibile da 2,5 kW. È una piccola sperimentazione, ma molto interessante perché per la prima volta si applica questa tecnologia in totale sicurezza in una situazione di potenziale alta criticità (bombole di idrogeno in luogo aperto al pubblico). Quest’esperienza potrebbe stimolare future applicazioni nella progettazione non solo di edifici pubblici, ma anche di abitazioni private.
Notevole poi l’impegno annunciato nel 2007 da Enel, di avviare a Porto Marghera una centrale elettrica da 12 MW alimentata ad idrogeno. I tempi di realizzazione potrebbero essere però piuttosto lunghi viste anche le diverse problematiche ambientali e industriali gravanti in quell’area.
Il progetto più ambizioso in Italia riguardo l’idrogeno è indubbiamente quello del Polo tecnologico di Civitavecchia, nato dall’alleanza tra Regione Lazio, Autorità portuale, CIRPS (Centro Interuniversitario di Ricerca Per lo Sviluppo sostenibile) e Università La Sapienza di Roma.
L’obiettivo della Regione Lazio, che ha investito in questo progetto 100 milioni di euro, è quello di creare un centro di eccellenza internazionale dell’idrogeno “verde”. Nel Polo sono promosse tutte le attività di ricerca, sviluppo e industrializzazione per produrre idrogeno da fonti rinnovabili, nonché i sistemi di stoccaggio e impiego. L’idrogeno verrà ricavato principalmente attraverso un elettrolizzatore dell’acqua alimentato da pannelli fotovoltaici e secondariamente dalla gassificazione delle biomasse provenienti dai boschi della zona. L’idrogeno prodotto sarà poi utilizzato per alimentare le celle a combustibile di una linea di autobus pubblici a Civitavecchia e per una applicazione sperimentale di cogenerazione.
L’idea importante alla base del progetto di Civitavecchia è quella di sviluppare in Italia un nuovo settore produttivo sulle energie rinnovabili in generale e dell’idrogeno “verde” in particolare, mediante il coinvolgimento delle piccole e medie imprese, non solo del Lazio, e la creazione di partenariati industriali. Le aziende coinvolte, partecipando alle attività del centro tecnologico, potranno poi rivendere sul mercato le conoscenze sviluppate, contribuendo così a diffondere tecnologie eco-compatibili per uno sviluppo sostenibile.
Le iniziative e i progetti sull’idrogeno sono quindi molteplici in tutto il mondo, anche se si tratta ancora di piccoli numeri. I critici obiettano che queste tecnologie sono troppo costose e che una loro applicazione su larga scala è ancora molto lontana nel tempo. È infatti vero che i sistemi di generazione elettrica e termica a idrogeno per gli edifici rappresentano soltanto dimostrazioni sperimentali e che i veicoli alimentati ad idrogeno che già circolano normalmente, come per esempio gli autobus di linea di Amburgo, per ora sono adibiti esclusivamente al trasporto pubblico. È altrettanto vero però che l’innovazione tecnologica fa ormai in poco tempo passi da giganti e oggi si ottengono risultati notevoli in pochi anni. Queste iniziative insomma permettono di testare sul campo il reale valore delle tecnologie dell’idrogeno e aprono la strada ad una loro futura e vasta commercializzazione. Al tramontare dell’economia del petrolio si intravede già l’alba dell’economia dell’idrogeno.