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Il cibo “avanzato” produce il 10% dei gas serra

(Rinnovabili.it) – Dopo gli allevamenti, che liberano ozono e riscaldano l’atmosfera, ora è sotto osservazione anche lo smaltimento del totale dei cibi “sprecati” in Italia che contribuisce al global warming per un 10%. Non è una quota da poco, soprattutto se si riflette che il rovescio della medaglia consiste nel buttar via cibo buono (e quindi denaro) che potrebbe soddisfare chi ne ha bisogno ed evitare la fase dello smaltimento che non solo costa, ma che produce anche gas serra.
Questo è quanto rilevato da Last Minute Market, un progetto interdisciplinare coordinato del Prof. Andrea Segrè, attuale Preside della Facoltà di Agraria di Bologna. Secondo gli studi fatti sull’impatto ambientale, se venisse eliminato questo spreco, da tutto il settore distributivo dall’ingrosso al dettaglio, saremmo in grado di recuperare 244.252 tonnellate di cibo ogni anno, pari ad un valore di 928.157.600 euro. Questo consentirebbe quindi di rifornire con tre pasti al giorno ad oltre seicentomila persone, risparmiando più di 290.000 tonnellate di CO2 oggi prodotte dallo smaltimento come rifiuto del cibo sprecato. Pensate che per compensare tutta questa immissione di CO2 occorrerebbero ben 586.205.532 m2 di zona boschiva equivalenti 117.200 campi da calcio.

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