(Rinnovabili.it) – _“Carbon Capture and Storage in Industrial Applications”._ Questo il titolo della relazione congiunta dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) e l’United Nations Industrial Development Organization (UNIDO) in collaborazione con il Ministero norvegese dell’Energia e il Global CCS Institute, presentata oggi a Pechino. Il documento, una vera e propria road map dedicata alla tecnologia del geosequestro della CO2, mostra le potenzialità più o meno nascoste della cattura e stoccaggio del carbonio nella lotta alla riduzione delle emissioni industriali. Potenzialità traducibili in numeri, scritti nero su bianco: *4 miliardi di tonnellate di anidride carbonica entro il 2050*, vale a dire un decimo dei tagli richiesti al settore energetico entro la metà del secolo. Per ottenere un tale risultato è però necessaria un’azione rapida, sia nei paesi dell’OCSE che in quelli non-OCSE, che non tralasci alcun settore industriale. La road map stilata dalle due agenzie stima che nei prossimi 40 anni saranno realizzati ben *1800 progetti di CCS su scala industriale*.
Ma mentre spesso l’attenzione si concentra sull’applicazione di questa tecnologia nella produzione di elettricità, un promettente potenziale di riduzioni, a breve termine, delle emissioni si può trovare in tutte le applicazioni industriali come ad esempio nel trattamento del gas, dove la CO2 deve essere separata in ogni caso nei processi di purificazione. “Quasi un terzo dell’energia globale e un quarto dell’anidride carbonica a livello mondiale è attribuibile al settore dei carburanti e a quello industriale. Se il cambiamento climatico deve essere affrontato con successo, questi comparti avranno bisogno di trasformare il loro modo di utilizzare l’energia e ridurre significativamente le emissioni di CO2. Il CCS può essere una conveniente opzione per ottenere ciò”, ha spiegato Bo Diczfalusy, direttore delle tecnologie energetiche sostenibili presso la IEA. L’investimento necessario per le 1.800 installazioni potrebbe ammontare a circa 900 miliardi; una grossa somma di denaro che, tuttavia, a conti fatti rappresenta solo il 2% dell’investimento necessario per dimezzare le emissioni globali di CO2 legate all’energia entro il 2050.