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I segreti della fotosintesi vengono a galla

Moduli solari che si comportano come le foglie durante la fotosintesi. Il futuro del fotovoltaico potrebbe dipendere da una proteina

(Rinnovabili.it) – La rivista scientifica ‘Plos Biology’ ha pubblicato uno studio che potrebbe rivoluzionare il settore dell’agricoltura e delle tecnologie solari.
Nata dalla collaborazione tra il Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Vita dell’Università del Piemonte Orientale, l’Università di Milano e la Ludwig Maximilian Universitat di Monaco (Germania) “la ricerca”:https://www.plosbiology.org/article/info:doi/10.1371/journal.pbio.1000288 ha permesso l’individuazione di una proteina che consente di sfruttare al massimo l’energia del sole, la cui intensità in natura a volte è ridotta da fattori variabili quali la presenza delle nuvole, l’ombreggiamento e l’alternanza giorno/notte. Le piante nel tempo hanno quindi sviluppato un meccanismo che permette di sfruttare al massimo la presenza della luce naturale, essenziale per la loro stessa sopravvivenza in quanto impiegata per la produzione dei nutrienti durante il processo della fotosintesi.
I ricercatori, attraverso lo studio del genoma di una particolare pianta,hanno identificato uno degli enzimi chiave nella fotosintesi, la TAP38, tassello su cui si potrebbe agire per ottimizzare l’attività fotosintetica e dunque migliorare la resa delle coltivazioni agricole e per rendere più efficienti tecnologie fotovoltaiche.
Numerosi studi svolti in passato hanno dimostrato che, a seconda dell’intensità della luce, l’apparato fotosintetico si comporta in due modi differenti, definiti come ‘stato 1’ e ‘stato 2’. Nel 2005, lo stesso gruppo di ricerca che ha condotto lo studio in questione aveva identificato l’enzima chinasi STN7, responsabile del passaggio dell’apparato fotosintetico dallo stato funzionale 1 (con un rendimento minore) allo stato 2 (rendimento maggiore). La proteina TAP38ha il compito di riportare il sistema allo sto funzionale 1. ”Con un approccio integrato di tipo biomolecolare, biochimico e biofisico – spiega il professor Roberto Barbato, docente alla Facoltà di Scienze di Alessandria – abbiamo potuto identificare un enzima, il TAP38. Compiendo un esperimento su una pianta di Arabidopsis thaliana – prosegue il professore – abbiamo ‘messo a tacere’ i geni dell’enzima TAP38, scoprendo così che la pianta rimaneva bloccata allo stato funzionale 2, indipendentemente dalle condizioni ambientali. Per le piante cresciute in serra, inoltre, abbiamo potuto rilevare una maggiore quantità di biomassa prodotta”.
Paragonando le foglie a veri e propri moduli solari, che assorbono e accumulano l’energia luminosa, la consapevolezza del meccanismo di assorbimento della luce che avviene nelle piante potrà essere utilizzato per sviluppare tecnologie più efficienti nella conversione della radiazione solare che permetteranno di conseguenza una maggiore efficienza garantendo un aumento della produzione di energia pulita.