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I ricercatori del CNR “Primi” nella ricerca sull’inquinamento marino

Il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha dato il via libera a un progetto pilota che, con l’ausilio di immagini trasmesse dai satelliti dell’Agenzia Spaziale Italiana, traccerà una mappa delle aree marine inquinante da idrocarburi

(Rinnovabili.it) – Monitorare le aree marine del Mediterraneo inquinate da idrocarburi: questa la mission del progetto _Primi – Progetto pilota inquinamento marino da idrocarburi_ del CNR. Un team di ricercatori italiani del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha dato, infatti, il via libera a al progetto che è attualmente una delle sette iniziative promosse dall’ _Asi_ , l’Agenzia Spaziale Italiana. Obiettivo fondamentale degli scienziati sarà individuare gli sversamenti in mare, anche illegali, di idrocarburi. Un impegno importante sul fronte della salvaguardia dell’ecosistema marino, minacciato sempre più spesso dall’inquinamento, come ha ricordato in questi giorni il disastro ambientale al largo del Golfo del Messico.
I ricercatori puntano a ottenere una vera mappa del _Mare Nostrum_ , per conoscere nel dettaglio quali sono le aree marine maggiormente contaminate dagli sversamenti di idrocarburi (oil spill). Le ricerche saranno affidate all’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISAC-CNR) di Roma Tor Vergata, ma saranno molti altri istituti di ricerca a partecipare al progetto. Come ha spiegato in una nota Enrico Saggese, presidente dell’Asi: “Primi è un sistema che valorizza le immagini radar ottenute dai tre satelliti italiani della costellazione COSMO SKYMED, realizzata dall’Asi, che consentono di osservare la superficie del mare in un breve intervallo di tempo”.
In questo modo si possono identificare le macchie di idrocarburi sulla superficie dell’acqua quasi in tempo reale e di conseguenza è possibile fare delle previsioni di massima sia dello spostamento sia dell’evoluzione nel tempo degli oil spill. Rispetto ad altri sistemi osservativi, la novità di _Primi_ risiede nel fatto che il ‘modulo osservazione’ utilizza più piattaforme SAR (Synthetic Aperture Radar) e ottiche che garantiscono la massima copertura possibile dei mari italiani.

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