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I primati ambientali del nostro governo

Negli ultimi dieci giorni abbiamo assistito, con non poca apprensione, ad una serie di coraggiosi record da parte del nostro Governo.
Dal dopo guerra ad oggi mai nessun esecutivo in Commissione europea si era spinto, su tematiche ambientali e legate alla salute ed il benessere dei propri cittadini, così controcorrente rispetto agli altri Stati membri, rinnegando accordi già ratificati in ambito comunitario e rinunciando alla concretizzazione di un percorso che tutti già sapevano tortuoso e lontano dai tradizionali valori economici, per i quali il rispetto ambientale è considerato un costo e non un’opportunità economica e un impegno sociale, oltre che un obbligo etico. Ed il presidente Berlusconi ha capeggiato con carisma da leader questa “fronda”, composta da alcuni giovani stati membri dell’est europeo, con la determinazione di chi è mosso da profondi ideali che giustificano radicali e sofferte prese di posizione. Sul pacchetto UE clima-energia numerosi capi di governo, tra cui il cancelliere tedesco Angela Merkel e lo stesso presidente della Commissione UE, Barroso, hanno manifestato delle difficoltà attuative, specialmente per ciò che riguarda gli interessi che gravano sulle industrie, dichiarando a più voci che c’è ancora molto lavoro da fare per soddisfare gli impegni previsti dal pacchetto, ma nessuno, a parte appunto il nostro premier, si è immaginato neanche lontanamente di mettere in discussione l’attuazione stessa del programma, un programma faticosamente messo a punto dalla Commissione e siglato dal nostro come da tutti gli altri stati membri europei. Un programma sicuramente ambizioso, che scavalcava in modo unilaterale gli impegni di Kyoto, e che metteva la Comunità europea in una posizione di grande prestigio e in primissima linea contro la battaglia più cruenta e globale della nostra era, quella contro il cambiamento climatico. Ma come tutte le battaglie globali non possono essere combattute “a macchia di leopardo”, ma condivise da tutti i combattenti, rinunciando a campanilismi e provincialismi, anche quella contro il cambiamento climatico sarà determinata esclusivamente dalla “condivisone” di strategie e politiche ambientali, e in questo senso il pacchetto europeo clima-energia costituiva un esempio straordinario di un continente che intraprendeva, ripeto in modo unilaterale, un percorso virtuoso in opposizione con altri continenti, più ricchi o più poveri, che per motivazioni diverse concorrono a rallentare questa necessaria rivoluzione planetaria.

Altro record nostrano delle ultime ore è stato conquistato dal nostro Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, la quale ha dichiarato, anche lei per la prima volta tra i suoi colleghi europei, piena soddisfazione per il successo dell’Italia per aver “generato” il rinvio dell’approvazione definitiva di un complesso pacchetto di norme per il rispetto ambientale, forse dimenticando il suo vero ruolo istituzionale, ruolo a cui è preposta e a cui, per altro, è chiamata a rispondere dal popolo italiano.
Se da una parte le motivazioni di una drammatica crisi economica potrebbero apparire sufficienti a sostenere questo radicale cambiamento di rotta, in nome dell’insostenibilità dei costi attuali che le misure previste graverebbero sul nostro Paese (mai nessuno però parla di quelli futuri), dall’altra non possiamo astenerci dalla ovvia valutazione che i nostri problemi, e quelli delle nostre aziende, non sono molto diversi da quelli delle altre nazioni oggi fortemente impegnate sull’attuazione del programma e che oggi ci indicano, forse ancora una volta, come partner poco affidabile e non all’altezza di impegni comunitari transnazionali.