Deciso handicap per stampa, tv, radio e sistema d’informazione italiano per quello che riguarda la comunicazione ambientale. Sono le amare conclusioni di un convegno di esperti che ha giudicato non solo scarso, ma anche culturalmente inadeguato, il ruolo dell’informazione italiana sulle problematiche ambientali. Giornalisti, direttori e docenti universitari hanno animato il dibattito di cui riportiamo alcune delle analisi esposte. Marina Forti, della redazione de “Il Manifesto”, titolare di una rubrica sull’ecologia, ha chiarito come il suo intento sia di “allargare la nozione di notizia ambientale, per rappresentare un mondo dove tutto è collegato: ambiente, politica, economia, guerre. Le crisi ambientali sono i primi aspetti delle crisi globali”.
“L’umanità ha raggiunto la capacità di autodistruggersi con le armi di distruzione di massa – é stato il commento del giornalista scientifico Pietro Greco – di intervenire sul clima e sulla biodiversità. I modelli di gestione dei rischi possono essere due: delegare tutto agli esperti, oppure praticare la democrazia ecologica partecipata. In questa democrazia la comunicazione sulle materie ambientali ha un ruolo centrale, ma i media sono spesso culturalmente incapaci di affrontarla”.
“In Italia, se comunichiamo l’ambiente, è solo come paura – sostiene convinto il vicedirettore dell’Ansa Giulio Pecora – Paura del nucleare, paura del Ponte sullo Stretto, paura dell’eolico. La realtà è che stiamo uccidendo la terra, ma non se ne parla, o se ne parla solo per addetti ai lavori”.
Invece Serenella Iovino, docente di filosofia morale all’Università di Torino, ha puntualizzato come “negli ultimi decenni il ritmo dello sviluppo sia accelerato senza una parallela evoluzione dei modelli culturali. Ci troviamo nell’età di Nehanderthal per quanto riguarda la cultura ambientale. Solo sviluppando modelli culturali alternativi possiamo salvare il genere umano”.