Rinnovabili

I lavoratori dell’ex Sadam insistono: “La centrale va fatta subito”

Mentre la politica ragiona, i cittadini protestano e i sacerdoti tuonano, i lavoratori dello zuccherificio Sadam stanno con il cuore sospeso. Hanno gioito nei mesi scorsi, per la deroga di un anno alla cassa integrazione per fini organizzativi. Quell’anno poi passa e arriva rapidamente a conclusione e allora deve partire il progetto di riconversione altrimenti addio cassa integrazione, addio posto di lavoro e tutti a spasso.

Sono preoccupate, ma ferme nelle loro posizioni le Rsu della Sadam, con Gabriele Monaldi che spiega: “Non voglio entrare nel merito della questione di cui si discute a Fermo, a noi poco interessa dove si fa la centrale a olio di girasole. Ci preme soltanto che quell’accordo di programma che abbiamo faticosamente portato a casa venga rispettato, nei termini e nei tempi giusti”.
Monaldi spiega che se parte la riconversione c’è la cassa integrazione per altri due anni, durante i quali c’è tutto il tempo per riorganizzarsi, per imparare il nuovo mestiere, per entrare a pieno ritmo nel circuito produttivo della centrale: “Abbiamo cercato di tutelare non solo i nostri lavoratori ma anche gli agricoltori, i trasportatori, un intero sistema economico che si è spezzato con la chiusura della Sadam. Oggi non possiamo più tornare indietro, è tempo che la politica trovi i modi per definire la questione e si individui al più presto uno spazio idoneo”.
Il 1° febbraio i sindacati saranno di nuovo Roma, per capire che cosa succede con la centrale, per avere le garanzie ambientali e occupazionali: “Sappiamo che un progetto tanto grande non può partire senza tutte le autorizzazioni del caso. Ci saranno indagini ambientali, vincoli strettissimi e controlli periodici. Legata alla centrale, che è bene ricordarlo sarà alimentata a olio di girasole e soltanto con questo materiale, dovrà essere obbligatoriamente costruita l’attività di realizzazione di impianti per il fotovoltaico, ad altissimo livello tecnologico”.

“Anche qui, i tempi non possono dilatarsi oltre, l’azienda potrebbe scegliere di investire altrove e per l’intera provincia sarebbe la sciagura. Si tratta della prima fabbrica in Italia a gestire un brevetto internazionale assolutamente innovativo e innocuo per l’ambiente e la cittadinanza. Di più, troveranno lavoro qui non solo le nostre maestranze ma anche tanti diplomati e laureati a Fermo. Se passano questi messaggi i fermani potranno tranquillizzarsi e si potrà ragionare con calma su quale sia il luogo migliore”.

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