Onufrio prende il posto di Donatella Massai, neo direttrice della sezione italiana di Amnesty International.
“La mia nomina è una scelta all’insegna della continuità – rende noto Onufrio – Sono chiamato a consolidare i miglioramenti che dal 2005 hanno visto Greenpeace rilanciata nella sua efficacia, e rafforzata la base economica e dei sostenitori. Indipendenza ed efficacia rimarranno sempre i criteri guida, mentre la nostra priorità è riuscire a portare la trattativa su clima e foreste a un esito positivo, sconfiggendo le false soluzioni legate al nucleare e continuando a batterci per la difesa del mare – ha poi aggiunto – Sono cresciuto, sin dagli anni del Liceo, seguendo le teorie della nonviolenza di Danilo Dolci, facendo attivismo ambientalista da studente in Fisica e poi anche da ricercatore.
Negli anni Novanta era responsabile della Campagna energia e clima, che vede Greenpeace tra i primi nel denunciare le gravi conseguenze per il pianeta del riscaldamento globale.
“È vero che chi fa associazionismo gioca spesso un ruolo da Cassandra, ma è significativo che il primo importante libro pubblicato in Italia sui cambiamenti climatici sia stato realizzato da Greenpeace nel 1992, e – ricorda Onufrio – che in questo libro fossero presenti tutti i temi ancora oggi oggetto del dibattito”.
“La sfida del Ventunesimo secolo sarà quella di riprogettare il sistema di produzione e consumo per tener conto dei limiti ambientali e delle risorse. Su questi temi l’Italia paga una scarsa consapevolezza della classe politica e di parte dell’élite economica – ci tiene a spiegare Onufrio – venuta chiaramente allo scoperto nella discussione sul pacchetto energia-clima per il 2020, nella quale l’attuale governo di centrodestra ha polemizzato duramente con i vertici europei (tutti appartenenti peraltro allo stesso campo politico, da Sarkozy a Dimas passando per Barroso)”.
“Oggi il nostro paese è in posizione di retroguardia sull’ambiente”, conclude Onufrio. “Avremmo invece tutte le carte per giocare un ruolo positivo se smettessimo di perdere tempo su nucleare e carbone, e piuttosto ci impegnassimo seriamente su quelle scelte tecnologiche su cui tutti, almeno a parole, sono d’accordo: efficienza e rinnovabili”.