Si è chiude oggi la settimana “verde” europea. Una conferenza che quest’anno ha rivestito un significato particolare, visto i fallimenti nei precedenti appuntamenti organizzati dall’Onu in vista della Confernza di Copenhagen di dicembre.
E’ sempre più difficile coniugare le politiche tra i vari governi, tra i Paesi ricchi e quelli in via di sviluppo (come Cina e India, per intendersi), ma soprattutto dare importanza adeguata alla voce di quelli ancora sotto la soglia della povertà.
In questo frangente la crisi economica ovviamente non aiuta. Chi dovrebbe spendere più soldi per ridurre le emissoni di CO2, paese o azienda che sia, cerca di spingere o tirare, a secondo i casi, affinché l’onere economico sia il minore possibile. E spesso le lobby industriali, questo soprattutto nei paesi ricchi, riescono a condizionare le scelte di politica energetica che così risulta più consona agli interessi delle classi industriali che della risoluzione dei problemi ambientali.
I cosiddetti paesi emergenti, anche se a parole (come d’altronde quelli ricchi) rimbalzano la palla su quell’occidente che fino ad oggi ha inquinato e danneggiato l’ambiente come gli è parso e piaciuto in questo ultimo secolo. Ed ora, che siamo in situazione di emergenza climatica, non vogliono sentirsi appiccicare l’etichetta dei maggiori inquinatori. Ad esempio la Cina che, “oggi”, è il maggior produttore di CO2, si considera solo in una fase di recupero rispetto a quanto le economie occidentali hanno fatto per tutto il secolo scorso. E lo stesso discorso vale, ad esempio, anche per l’India. Negli incontri ufficiali e nelle dichiarazioni d’intenti pubbliche nessuno ormai si tira indietro rispetto ad impegni sulla riduzioni delle emissioni di gas serra, alla lotta la global warming, all’impegno a evitare il climate change. Poi nelle scelte politiche quotidiane ognuno bada ai propri interessi economici e così, al momento di fissare soglie, scadenze e sanzioni precise, allora vengono fuori i se e i ma. Addirittura l’attesa svolta di Obama, ha creato delusione nell’ultima riunione di Copenhagen dove il peso della diplomazia poteva essere se non determinante, ma almeno condizionare l’andamento e la conclusione invece deludenti, anche per il mancato supporto Usa che molti si aspettavano. Più di un osservatore ha rilevato con disappunto che, nonostante le buone intenzioni dichiarate da Obama, anche lui sembra voler evitare di prendere impegni specifici con date, limitazioni e ammende unanimamente concordate.
Il commissario europeo all’Ambiente, Stavros Dimas, ha dichiarato negli ultimi giorni che comunque fino all’ultimo occorre l’impegno di tutti per arrivare a dicembre a Copenhagen ad un accordo globale e condiviso.
Non tutti credono che ciò sia possibile, le precedenti riunioni, dal G8 a Siracusa all’incontro nella capitale danese, non hanno portato a nulla e non ci sono segnali che a dicembre le posizioni possano essere per incanto ribaltate.
Questa nona edizione della “Settimana verde 2009”, indetta dalla Commissione europea, che si conclude domani, ha adottato lo slogan “agire e adattarsi” nell’ambito della sempre più difficile sfida di ridurre le emissioni di gas serra in Europa e nel mondo e adattarsi ai cambiamenti climatici in atto, in otto sessioni si è così cercato di delineare un mondo a basse emissioni di carbonio per il 2050. Con 4000 partecipanti provenienti dall’Europa e dal resto del mondo.
*La presentazione di Stavros Dimas*
“Con la conferenza di Copenaghen che si avvicina, il 2009 può entrare nella storia come un punto di svolta nella lotta per evitare che i cambiamenti climatici raggiungano livelli pericolosi e causino sofferenze di vasta portata agli esseri umani. Il programma completo della Settimana verde consentirà ai partecipanti di scambiarsi conoscenze in merito a numerosi aspetti dei cambiamenti climatici di cui i responsabili politici, gli operatorieconomici e la società in generale devono occuparsi adesso.”
*I temi della Green Week 2009*
Durante la Settimana verde 2009 si è discusso di cambiamenti climatici secondo quattro tematiche: le politiche comunitarie in materia, la dimensione internazionale,
la convivenza con i cambiamenti climatici e la “visione per il 2050: una società senza
emissioni di carbonio”.
*Le Problematiche*
Sono state affrontate problematiche di ampio spettro, tra cui l’impatto dei cambiamenti climatici sull’occupazione e sulla
coesione sociale, gli ultimi sviluppi in materia di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica, l’attuazione del pacchetto clima-energia dell’UE, l’attenzione per le problematiche ambientali in economia, la sfida per l’agricoltura, l’adattamento della biodiversità ai cambiamenti climatici, la dimensione della sicurezza a livello internazionale e .
Oltre Barroso e Dimas sono intervenuti il Ministro svedese per l’ambiente,
Andreas Carlgren e il professor Wang Yi dell’accademia cinese delle scienze. Ladislav Miko, Ministro ceco per l’ambiente, Roy Mickey Joy, Ambasciatore della Repubblica di Vanuatu
Joy Grant, Ambasciatore del Belize, Festus Mogae, inviato speciale delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, il professor Jean-Pascal van Ypersele, vicepresidente del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, Tony Long, direttore dell’ufficio politiche europee del WWF, Steve Fludder, vicepresidente di GE Ecomagination, Jeff McNeely, scienziato dell’Unione internazionale per la conservazione della natura, Ray Hammond, autore e futurologo.
*Le conclusioni e la chiusura di Barroso*
“Il cambiamento climatico è stato il problema di questa Commissione, e mi aspetto che sia il punto di ripartenza per il prossimo mandato”. Così ha iniziato il Presidente della commissione Ue, Manuel Barroso, l’intervento che stamattina ha chiuso la “Green Week 2009”.
“La politica ambientale in generale, e la politica climatica, in particolare, sono questioni squisitamente europee. – ha continuato poi il Presidente – Le emissioni di anidride carbonica non si fermano per i controlli alle frontiere nazionali. Le azioni che adottiamo, o non, all’interno dell’Unione europea hanno infatti un impatto diretto sulle foreste pluviali del Brasile e del Borneo, e sullo spessore del ghiaccio della Groenlandia”.
Barroso fa notare quindi che la medesima osservazione vale anche per altre emergenze come la gestione delle risorse idriche o la biodiversità.
Il riconfermato Presidente ha tenuto ad elencare i risultati raggiunti sul clima, insieme agli altri colleghi della commissione, nel corso degli ultimi cinque anni.
In base alle proposte avanzate dalla Commissione nel gennaio 2008, l’UE ha formalmente adottato per il clima e l’energia l’ormai noto pacchetto legislativo “20-20-20” che rende l’Europa la prima regione al mondo a normative di vasta portata, giuridicamente vincolanti, sul clima e sull’energia
“Questi sono dei veri e propri successi per l’Unione Europea, e tutti voi sapete il motivo per cui essi sono significativi. – ha ricordato alla platea della Green Week Manuel Barroso – Abbiamo appreso molto durante questa settimana in merito alle prove scientifiche del cambiamento climatico e sul suo impatto sul presente e sul futuro. L’uomo stessso ha creato dei gravi rischi per la vita umana, agli ecosistemi che dipendono da noi.
Quindi sono convinto che, in un momento decisivo come questo, è necessaria un’azione urgente dell’Ue e il lavoro compiuto da questa commissione è stato fin’ora all’avanguardia, e quindi sono doppiamente orgoglioso del ruolo che questa Commissione europea ha svolto. E’ la prova di una Commissione dal pedigree verde”.
Barroso, rivolto alla platea, ha sottolineato ancora una volta come la Commissione Ue non avrebbe potuto fare tutto questo da sola.
“So che molti di voi, come i soggetti interessati, hanno contribuito alla formazione di queste iniziative. Voglio cogliere l’occasione per ringraziarli per l’impegno profuso finora. E voglio incoraggiarvi a continuare ad aiutare a sviluppare le misure necessarie per la piena attuazione”.
Ha poi ribadito che non bisogna farsi frenare dalla crisi economica e che le politiche europee non possono essere verdi solo quando l’economia è forte.
“Devo dire che non sono d’accordo con questa tesi che non capisco. E’ accaduto di tutto dall’ultima volta che ci siamo visti: la crisi subprime, il credito crunch, il probabile tracollo finanziario, il brusco calo nel commercio internazionale e l’inizio di una recessione globale.
Quindi non dobbiamo stupirci che alcuni abbiano suggerito di accantonare la lotta contro i cambiamenti climatici, fino a quando l’economia non avrà recuperato posizioni migliori. Ma agire contro la crisi economica o combattere il cambiamento climatico è una falsa dicotomia. Si tratta di sfide che vanno affrontate in modo integrato. Infatti, esse sono due parti di una stessa strategia di sviluppo intelligente, sostenibile con crescita a basso tenore di carbonio che deve essere il segno distintivo della nuova economia post-crisi. Sappiamo, per esempio, che i costi del cambiamento climatico sarà molto più alto se non si interviene subito, con aumenti fino al 20% del PIL ogni anno nel lungo periodo, secondo il “rapporto Stern Review”. Al contrario, con la nostra politica ambientale pensiamo di poter limitare i costi del nostro pacchetto di circa la metà”.
Inoltre, il Presidente si dichiara convinto che il pacchetto dovrebbe ridurre la nostra vulnerabilità dagli shock energetici e limitare le conseguenze negative per la nostra industria e l’economia. Il fatto di essere dipendenti da altri per più del 50% del nostro fabbisogno energetico è un fattore di instabilità. Questo fabbisogno potrebbe salire al 64% entro il 2020 se continuasimo così.
Invece il cambiamento porterà grandi opportunità economiche, a condizione che l’Unione europea sfrutti il suo vantaggio, e consolidi la sua posizione sui mercati mondiali per la produzione di energia efficienti e tecnologie a basso tenore di carbonio.
Il raggiungimento di una quota del 20% per le energie rinnovabili, per esempio, potrebbe significare più di un milione di posti di lavoro proprio in questo settore, entro il 2020.
Così la crisi finanziaria, che avrebbe potuto creare altri problemi, potrebbe darci la possibilità di accelerare il passaggio verso una società a basse emissioni di carbonio. Però dovremo dimostrare il coraggio di cogliere questa opportunità. Per questo quando la Commissione ha elaborato il piano di recupero economico europeo l’anno scorso, siamo stati attenti a garantire che la risposta a breve termine fosse coerente con i nostri obiettivi a lungo termine”.
Il discorso di Barroso è ampio e abbraccia tecnologia, economia e aspetti sociali, nonchè gli scenari di sviluppo nel prossimo futuro.
“Investimenti in infrastrutture, efficienza energetica e tecnologia vanno fornite a sostegno delle industrie, in modo da renderle pronte a prosperare nei mercati del futuro, invece che ristagnare in mercati del passato destinati a sparire. Solo per dare un paio di esempi, dobbiamo essere pronti a prevedere la decarbonizzazione dell’energia elettrica dei carburanti per i trasporti entro il 2050. Questo può suonare come una grande sfida per alcuni, ma a me, suona come una gigantesca opportunità”.
Barroso nella sua conclusione non tralascia il panorama internazionale, ricordando gli obiettivi vincolanti e la forte posizione dell’UE per Copenaghen. La Commissione ha infatti già nel mese di gennaio ha stabilito una chiara visione di ciò che l’accordo post-2012 deve preveedere.
“So che il mio collega, Stavros Dimas, riferirà su questo più tardi, e anche sullo stato dei negoziati, ai quali abbiamo lavorato in stretta collaborazione con gli Stati membri e naturalmente la futura Presidenza svedese, in particolare – specifica il Presidente – a Copenaghen, dovremo raggiungere un vero accordo globale in cui tutti i paesi del mondo si fanno carico di una quota “equa” degli sforzi necessari per evitare un pericoloso cambiamento climatico. Il mondo ha bisogno di ridurre le emissioni globali di almeno il 50% entro il 2050 – ricorda severamente Barroso – se vogliamo avere una possibilità di tenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia alla quale si rischia catastrofici e irreversibili cambiamenti globali. Tale soglia è a soli 2 °C al di sopra della temperatura pre-industriale, o di solo 1,2 °C sopra il livello di oggi”.
Poi Barroso affronta il tema dei Paesi poveri che saranno gli unici ad essere esentati da questo sforzo, mentre i paesi sviluppati dovranno prendere l’iniziativa e cioè la riduzione delle emissioni di almeno il 80% entro il 2050. E purtroppo fa notare come non ci siano ancora le prospettive per un accordo a Copenaghen nel prossimo dicembre.
Ci sono però anche segnali positivi come l’impegno del Presidente Obama, sia per l’azione interna e che per un esito positivo per Copenaghen, che pesa non poco sulla scena mondiale. Grazie alla sua leadership gli Usa sono ora di nuovo al tavolo delle trattative. E con il pacchetto Waxman-Markey ora esiste, per la prima volta negli Stati Uniti, un progetto di legge concreto sul tavolo, finalizzato a ridurre le emissioni nazionali.
E vogliamo che gli Usa siano con noi per procedere lontano e più velocemente possibile sui cambiamenti climatici.
Anche la Cina oggi è pienamente impegnata ormai con una posizione costruttiva nei negoziati internazionali, mentre a livello nazionale persegue obiettivi ambiziosi per ridurre l’intensità energetica del 20% con il suo attuale piano quinquennale. E vorrei cogliere l’occasione per congratularmi con il professor Wang Yi e i suoi colleghi presso l’Accademia Cinese delle Scienze per la loro influenza sulla politica in materia di clima di energia. Condividiamo pienamente la sua opinione che la via da seguire è lo sviluppo a basse emissioni di carbonio”.
Poi il presidente ha citato le tre sessioni preparatorie come quella del Messico, tutte scenario di duri scontri, ma a suo avviso è sempre costruttivo parlare in tali riunioni, e si augura che l’incontro a L’Aquila, in concomitanza con la riunione del G8, possa dare davvero un utile contributo al processo di Copenaghen su questioni spinose, come l’adattamento, la mitigazione, la finanza e la tecnologia.
“Vogliamo lavorare a stretto contatto con i paesi in via di sviluppo – ha ribadito ancora una volta Barroso- e da questo punto di vista il clima e il programma di sviluppo sono percorsi paralleli. Perciò, abbiamo costruito il “Global Climate Change Alliance”, per lavorare con paesi in via di sviluppo nell’ambito dei cambiamenti climatici. Ma tutto questo richiede un serio sforzo di finanziamento su cui la Commissione esporrà le sue riflessioni. Qui, l’Unione europea è assolutamente pronta a fare la sua parte, e il finanziamento di questo impegno è stato sostenuto dal Consiglio europeo”.