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Grave allarme per i ghiacciai e non solo al Polo

(Rinnovabili.it) – E’ un fenomeno di cui si parla da diverso tempo, sui media come nei congressi scientifici, con le solite contrapposizioni, da una parte i “negazionisti” che lo ritengono una semplice conseguenza del naturale susseguirsi delle ere calde a quelle fredde. Mentre d’altra parte la comunità scientifica e gli ambientalisti puntano il dito sulla causa antropica e quindi lanciano appelli per trovare una soluzione al riscaldamento del pianeta.
Ora questo depauperamento del patrimonio glaciale si sta riproponendo al Polo e non solo.
Adesso è la volta del Petermann il più grande ghiacciaio della Groenlandia, che sta scomparendo, a causa dell’aumento del riscaldamento globale. E’ Greenpeace ad aver dato l’allarme inviando da diversi mesi una nave ad analizzare le conseguenze del cambiamento climatico sull’Artico. Grande quanto Manhattan, il Petermann è la dimostrazione che l’odierno ritmo di scioglimento dei ghiacciai artici è davvero senza precedenti.
Ma il fenomeno è diffuso in tutto il pianeta e riguarda anche i ghiacci per dei picchi montuosi. E di esempi ne abbiamo avuti diversi. Uno dei più clamorosi è quello della Cordigliera Bianca dove, colpito dal riscaldamento climatico, il più importante ghiacciaio delle Ande peruviane, (400 km a nord di Lima), in quasi quarant’anni è arretrato del 27%. Secondo quanto testimonia uno studio dell’ “Autorità nazionale dell’acqua” (Ana), va registrata anche la progressiva accelerazione del processo di scioglimento nella Cordigliera.
Anche in Italia il problema non cambia. Qualche tempo fa un team di ricercatori dell’Università di Milano, guidati dal professor Claudio Smiraglia, per proteggere il ghiacciaio delle vette del Dosdè Orientale in Valtellina, ha dovuto adottare la “protezione attiva” del ghiacciaio, stendendo una sorta di telo di 100 m2 protettivo, geotessile, chiamato “Ice Protector 500”.
E come quelli della Valtellina, anche gli altri ghiacciai delle Alpi corrono il rischio di dimezzarsi entro i prossimi dieci anni, proprio a causa del riscaldamento globale, con una conseguente alterazione della fauna e della flora e un disequilibrio ambientale irreversibile.

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