Rinnovabili

Grafene, benvenuti nella realtà 2D

Il carbonio, mattone di tutta la vita sulla Terra, ha stupito ancora una volta. Dopo le macroforme della grafite e dei diamanti, e le microstrutture dei nanotubi e dei fullereni, nel 2004 è stata infatti isolata una nuova forma stabile del carbonio, il grafene, per il quale gli scienziati Andre K. Geim e Konstantin S. Novoselov hanno recentemente vinto il premio Nobel per la fisica. Per capire le enormi potenzialità del grafene e il significato di questo premio Nobel basta dare un’occhiata ai numeri: ipotizziamo per esempio di costruire un’amaca di 1 metro per 1 metro fatta interamente di grafene; questa peserebbe 0.77 mg e potrebbe supportare un peso di 4 kg senza rompersi, vale a dire che un gatto potrebbe placidamente sedersi su questa amaca che peserebbe quanto un suo baffo. Anche ragionando in termini di confronto con materiali conosciuti, si hanno dati impressionanti: il grafene è 100 volte più forte dell’acciaio e conduce il calore 10 volte meglio del rame. Inoltre assorbe solo il 2.3% della radiazione incidente, indipendentemente dalla lunghezza d’onda della luce, e quindi è praticamente privo di colore. L’importanza di questa scoperta è quindi evidente; il grafene, oltre ad essere un materiale completamente nuovo, è semplicemente il più sottile e il più forte materiale conosciuto al mondo, conduce il calore e l’elettricità meglio di qualsiasi altro conduttore, ed è quasi completamente trasparente. Quando nel 2004 Geim e Novoselov hanno pubblicato il loro lavoro su Science, si è creato un piccolo terremoto nel mondo scientifico; queste proprietà uniche del grafene infatti permettono non solo di testare e verificare moltissimi principi fondamentali della fisica, ma soprattutto di creare nuovissimi materiali e di esplorare nuove frontiere dell’elettronica.
Ciò che affascina di questo materiale è il fatto che una struttura così semplice possa avere proprietà tanto incredibili: il grafene è fondamentalmente un sottile strato di carbonio, un reticolo fatto di tante unità esagonali, come un nido d’ape. Ma talmente sottile che il suo spessore è pari ad un atomo. Ed è l’unico materiale esistente al mondo che ha questo spessore a temperatura ambiente, al punto che si tratta di un materiale a sole 2 dimensioni, larghezza e lunghezza.
Essendo un “mattone” della grafite, il grafene in realtà è sempre esistito; ogni giorno per esempio, quando usiamo una matita per scrivere, rilasciamo sul foglio milioni di strati di grafene (un millimetro di grafite contiene circa 3 milioni di strati di grafene uno impacchettato sull’altro). La sfida per gli scienziati è stata isolarlo e il Nobel di quest’anno è andato a coloro che hanno trovato uno dei metodi più semplici per fare questa complicata operazione: utilizzare il nastro adesivo. Attaccando una lamina di grafite su un pezzo di nastro adesivo, Geim e Novoselov sono infatti riusciti progressivamente ad ottenere pezzi via via più piccoli mediante una sorta di esfoliazione meccanica; successivamente per verificare il numero di strati in ogni frammento, le sottili nano-lamine di grafite sono state trasferire su un substrato di silice ed analizzate otticamente con un microscopio a forza atomica, che ha consentito di rilevare i monostrati atomici del grafene e la successiva caratterizzazione. Nonostante il metodo un po’ “brutale” con cui il grafene può essere isolato, la qualità del materiale è eccezionalmente elevata, risultato della combinazione della purezza degli atomi di carbonio e l’ordine della struttura risultante; i legami interatomici sono estremamente resistenti e allo stesso tempo flessibili, e creano una struttura organizzata più dura del diamante ma in grado di allungarsi e allargarsi fino al 20% della propria dimensione quando è applicata una forza meccanica. La perfezione della struttura ha poi una conseguenza molto importante: gli elettroni nel grafene si comportano come se non avessero massa e si muovono ad una velocità di 1 milione di metri al secondo senza subire deviazioni dovute ad imperfezioni del reticolo, analogamente ai fotoni che si muovono alla velocità della luce nel vuoto. Nei conduttori “tradizionali” gli elettroni normalmente rimbalzano come le palline in un flipper e questi urti indeboliscono le performance del conduttore stesso. Il fatto che il grafene ha una struttura che non deflette e non dissipa gli elettroni potrebbe aprire un mondo di nuove possibilità per lo studio su piccola scala di certi fenomeni quantistici, bypassando l’utilizzo degli attuali acceleratori di particelle.
Ma con tutte queste caratteristiche uniche ed importantissime, possiamo considerare il grafene come un materiale rivoluzionario, realmente in grado di sostituire i materiali esistenti e contribuire con sostanziali passi in avanti al progresso tecnologico? La caccia a nuove applicazioni è più che mai aperta, molte di queste sono solo fantasie mentre altre sono in corso di sperimentazione. L’applicazione più immediata è l’uso del grafene in materiali compositi, ad esempio come “additivo” per rinforzare e dare elasticità a polimeri plastici. La straordinaria capacità di resistere alle forze di rottura potrebbe dare materiali strutturali resistentissimi e allo stesso tempo sottili, elastici e leggeri, utilissimi per satelliti, aerei e dispositivi aerospaziali. Il 50% dei nuovi Boeing 787 ad esempio è attualmente fatto di fibre di carbonio per rendere gli aerei più leggeri e in grado di consumare meno carburante, ma l’utilizzo del grafene ridurrebbe ulteriormente il peso dei velivoli, il consumo di combustibili fossili e le emissioni di CO2 in atmosfera, aumentandone allo stesso tempo la resistenza. Sfruttando poi la struttura perfetta del reticolo atomico del grafene si potrebbero costruire sensori ultrasensibili, in grado assorbire atomi e molecole e di rivelare tracce microscopiche per esempio di vari gas inquinanti come gli ossidi di azoto. Un’altra possibilità potrebbe essere quella di utilizzare la polvere di grafene nelle batterie elettriche, attualmente uno dei mercati principali della grafite, aumentandone l’efficienza grazie ad un maggiore rapporto superficie-volume ed a una migliore conduttività del grafene stesso rispetto alle nanofibre di carbonio. Ed inoltre, grazie alle eccellenti caratteristiche di conduttore, il grafene potrebbe rappresentare la nuova frontiera per la costruzione di microprocessori, più veloci, più piccoli e più efficienti di quelli attuali a base di silicio. Per avere computer fatti di grafene si dovrà aspettare come minimo un paio di decenni, ma recentemente sono già apparsi sul mercato monitor sottili come fogli facilmente arrotolabili e comodamente trasportabili in borsa; inoltre nel 2010 i ricercatori dell’IBM sono stati in grado di produrre transistor da 100 GHz a base di grafene con prestazioni ad alte frequenze nettamente superiori a quelle ottenibili attualmente dai transistor al silicio.
Essendo infine praticamente trasparente e allo stesso tempo in grado di condurre elettricità, il grafene potrebbe essere utilizzato per la produzione di touch screens e celle solari ad alta efficienza. Nel 2010 ad esempio il gruppo di ricerca del professor Chongwu Zhou dell’Università della California Meridionale ha realizzato un supporto flessibile e trasparente di grafene e polimeri organici, in grado di aumentare l’efficienza delle celle organiche fotovoltaiche; queste celle solari, attualmente basate su elettrodi di indio-stagno ossido o ossido di stagno drogato al fluoro, sono leggere, compatibili con substrati flessibili e relativamente facili da costruire, ma hanno anche alcuni punti critici come l’elevata fragilità degli elettrodi e la scarsità delle materie prime da reperire (e.g. l’indio). Il punto di maggior criticità è comunque la necessità di una completa trasparenza degli elettrodi conduttivi. Il grafene con la sua elevata trasparenza e conducibilità elettrica potrebbe rappresentare una valida ed efficace alternativa, soprattutto in termini di costi di produzione ridotti, flessibilità e resistenza dei dispositivi. Il gruppo del professor Zhou ha realizzato “fogli” di grafene combinato con polimeri organici con un’area di 150 cm2 e con un’efficienza dell’1.3%, comparabile a quella delle celle con elettrodi di indio-stagno ossido, ma tuttavia ancora nettamente inferiore all’efficienza del 14% delle celle solari a base di silicio.
Da questi promettenti risultati risulta comunque chiaro che il grafene potrebbe largamente dire la sua nella costruzione di materiali e nello sviluppo di nuove tecnologie sostenibili e a basso impatto ambientale. Benvenuti quindi nell’era del grafene, benvenuti nella realtà a 2D.

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