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Global Warming: nel vortice climatico anche le tribù indigene

(Rinnovabili.it) – È fondamentale che i popoli indigeni vengano inclusi nell’ambito delle trattative concernenti i cambiamenti climatici, poiché rappresentano alcune delle popolazioni più direttamente colpite dal riscaldamento del globo. Il Presidente della Banca Mondiale, Robert B. Zoellick, ha così esordito mercoledì scorso in occasione di una riunione generale svoltasi a Washington descrivendo gli effetti del clima come un ‘fardello’ che alcune tribù hanno l’onere di subire, per di più in modo sproporzionato. Durante la conferenza, uno degli ultimi resoconti prima del Vertice Onu di dicembre, è stata sottoposta ad esame la situazione dei gruppi aborigeni in merito alle problematiche legate agli effetti dei gas serra.
I membri della tavola rotonda aderenti alla discussione hanno così preso accordi al fine di istituire un ‘Indigenous Peoples Climate Action Fund’ per provvedere al finanziamento diretto di tutte le comunità indigene sparse nel mondo. Zoellick ha affermato che “il cambiamento climatico aggrava le difficoltà che le comunità indigene già affrontano, tra perdita di terreni e risorse, indicatori di sviluppo umano inferiori, discriminazione, disoccupazione ed emarginazione economica e politica”. A dare corpo alle dichiarazioni del Capo della World Bank sono state le conclusioni cui il ‘Vertice Mondiale sui Cambiamenti Climatici’ in Anchorage, Alaska, ha portato lo scorso Aprile. Uno stato di condiviso allarme è emerso difatti dalla dichiarazione finale che vede “nell’accelerazione dei fenomeni del clima provocati da uno sviluppo insostenibile” una minaccia potenzialmente irreversibile per le condizioni di sopravvivenza delle tribù native.
“Madre terra – recitano le conclusioni – non è più in un periodo di ‘Cambiamento Climatico’, bensì di ‘Crisi Climatica’. Per tanto bisogna insistere affinchè venga posta immediatamente fine alla distruzione e alla profanazione degli elementi della vita”. Zoellick ha tenuto a precisare che il contributo delle comunità indigene, riportando l’esempio di quelle Africane che utilizzano le superfici dei territori aridi per coltivare piantine di tea rosso, può “aggiungere alla nostra conoscenza e comprensione il modo migliore per collaborare a questo complesso cambiamento … imparare dai popoli indigeni renderà più ricche le nostre discussioni- ha poi aggiunto – e le nostre azioni più produttive”.

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