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Fresco più sostenibile con la macchina ad assorbimento

La macchina frigorifera ad assorbimento entra finalmente anche nelle case con grandi potenzialità ambientali rispetto ai sistemi di condizionamento convenzionali

All’aumento esponenziale del condizionamento negli ambienti di lavoro e nelle residenze, si fa avanti un sistema, non proprio nato ieri, per rendere il fresco più sostenibile.
La macchina frigorifera ad assorbimento vede la luce nel lontano 1860, quando Ferdinand Carrè propone al mondo la sua rivoluzionaria invenzione. Il sistema in verità era stato già concepito nel 1700 ed aveva avuto l’attenzione nientemeno che di Michael Faraday che lo aveva studiato nel 1824, ma solo a livello sperimentale. La prima macchina poteva produrre fino a quasi due chili di ghiaccio con tre chili di carbone. Per la prima volta nella storia si poteva produrre freddo a piacimento con il solo apporto di calore, tuttavia fu necessario attendere un intero decennio prima di vederne le prime applicazioni pratiche. Di li a poco i campi di utilizzo si fecero evidenti e il settore dei trasporti e quello industriale trovarono conveniente sviluppare questa tecnologia. Nel 1877l, grazie ad un impianto ad assorbimento ad acqua e ammoniaca montato a bordo del battello “Paraguay”, fu possibile eseguire uno dei primi trasporti di carne congelata. La diffusione delle macchine ad assorbimento continuò a crescere su tutto il pianeta avendo il suo culmine attorno al ’900 quando, con l’avvento del sistema frigorifero con ciclo a compressione, la macchina ad assorbimento ridusse di molto il suo sviluppo. Nei primi anni ’30, l’avvento di nuovi fluidi per il circuito frigorifero a compressione, i famosi CFC, diedero un vantaggio definitivo a favore del sistema a compressione che venne ridotto a prodotto di nicchia soprattutto dai paesi occidentali.
Il principio di funzionamento della macchina ad assorbimento è molto simile a quello applicato nei sistemi a compressione, il sistema ha la capacita di produrre freddo grazie ad un apporto di energia termica a bassa temperatura (85 – 110°). Si basa su quattro scambiatori di calore, due dei quali lavorano ad alta e due a bassa pressione. Il fluido (nella maggior parte dei casi acqua) ed il refrigerante (ammoniaca o bromuro di litio). Il ciclo funziona assorbendo l’energia Q3 dall’esterno poi cedendo in B la quantità di energia Q2. La soluzione viene pompata nel generatore dove riceve la quantità di calore Q1 con la quale si scinde di nuovo l’acqua dalla soluzione, l’acqua viene inviata nel condensatore mentre il restante liquido viene riportato nell’assorbitore. L’acqua viene condensata in A2 cedendo all’esterno Q2 e poi torna in A completando il ciclo. L’utilizzo di energia elettrica, dovuto alle pompe, è irrisorio rispetto all’energia impiegata nel processo.
Le macchine ad assorbimento sono caratterizzate da un Coefficent of performance (COP), coefficiente frigorifero utile, più basso rispetto alle macchine a compressione. Il COP definisce il rapporto tra energia frigorifera prodotta e calore immesso nel sistema. In una macchina ad assorbimento del tipo appena descritto il COP è nell’ordine dell’unità nelle migliori condizioni, per questo motivo le nuove tecnologie, per poter competere con il sistema a compressione, hanno portato a soluzioni più complesse. Sono nate così macchine dalle diverse caratteristiche per arrivare ad un maggior COP e si è passati negli anni 40 alla sostituzione, in alcuni modelli, dell’ammoniaca con il bromuro di litio. Mediante queste innovazioni il mercato dei chiller ad assorbimento ha mantenuto negli anni un suo spazio, e alcuni paesi, per lo più in oriente, hanno continuato a sviluppare questa tecnologia. La crescita del mercato delle macchine ad assorbimento ha comunque preso a livello mondiale due strade ben distinte: da un lato la produzione di frigoriferi e dall’altro le macchine ad assorbimento di grande capacità. Come già detto, le prime applicazioni della macchina prevedevano l’uso di carbone per la produzione del freddo, quindi il sistema ad assorbimento non elimina di per se l’emissione di CO2, esso necessita infatti di calore per la produzione del freddo ma questo obiettivo può essere raggiunto in diversi modi. La diffusione crescente delle macchine ad assorbimento è stata finora legata allo sfruttamento del calore prodotto per altri scopi (cogenerazione-trigenerazione). La restante produzione è per lo più alimentata con combustibili di origine fossile: i costi di esercizio di tali macchine sono inferiori a quelli a compressione e le emissioni di gas serra, anche se presenti, risultano inferiori. Naturalmente associando una qualunque fonte rinnovabile per la produzione di calore si può invece produrre freddo senza emissioni di anidride carbonica. Nel settore residenziale l’utilizzo di energie rinnovabili per la produzione del freddo risulta fondamentale per il contenimento delle emissioni di CO2, la richiesta di energia elettrica nei mesi più caldi dell’anno ha subito un aumento sostanziale dovuto alla diffusione del condizionamento negli ambienti di lavoro e nelle residenze.
La grande sfida, che si sta delineando negli ultimi anni, porta le macchine ad assorbimento ad un competizione apparentemente impari verso i sistemi a compressione, proprio nel campo del condizionamento residenziale e del terziario. La volontà di riduzione delle emissioni di CO2 potrebbe bilanciare il divario. Fino a qualche anno fà le difficoltà da affrontare erano inizialmente i costi ma anche la scarsa disponibilità di esempi analoghi, le poche case produttrici, la mancanza di una manualistica dedicata e l’estrema complessità dell’impianto. Si doveva infatti fare i conti con un complesso incrociarsi di disponibilità della fonte da un lato e di richiesta energetica dall’altro. Le tecnologie in gioco erano, allora come attualmente, molte, e prevedevano un insieme di elementi che anche progettualmente tendevano a non favorire i sistemi ad assorbimento rispetto a quelli a compressione nelle piccole o medie applicazioni, tanto che le applicazioni non avevano ancora colonizzato le utenze con tagli medi o piccoli e quindi il residenziale appunto. I prodotti commercializzati stanno rivolgendosi solo da poco (in modo diffuso) alle utenze che necessitino di pochi kW frigoriferi. Il tutto viene a volte proposto con “pacchetti chiavi in mano” che prevedono pannelli solari termici, per la produzione di acqua calda sanitaria, associati alla macchina ad assorbimento. Il connubio tra pannello solare termico e macchina ad assorbimento è dovuto al fatto che esiste una corrispondenza diretta tra richiesta frigorifera e energia solare disponibile.
E’ noto infatti che l’energia di un impianto solare, che non sia dedicato soltanto all’acqua calda sanitaria ma anche al riscaldamento, risulti ovviamente sovradimensionato nei mesi estivi.
Sarà necessario comunque, data la fluttuazione di disponibilità dell’energia solare, prevedere una fonte ausiliaria di calore e un sistema di accumulo del calore prodotto nei momenti di maggior disponibilità e non utilizzato. Per le altre fonti rinnovabili quali biogas o biomasse la produzione di calore potrebbe risultare più stabile a seconda della facilità del reperimento.
A parte questo, i vantaggi del sistema ad assorbimento sono molteplici:
1) Longevità della macchina, dato che non ci sono elementi in movimento, escludendo la pompa
2) L’assorbimento elettrico della macchina irrisorio rispetto all’energia impiegata nella produzione frigorifera
3) Non sono presenti nel sistema i CFC (clorofluorocarburi) o gas serra
4) L’efficienza del sistema rimane costante anche in caso di parziale carico frigorifero
5) La silenziosità dell’impianto è molto superiore ai sistemi a compressione
Progettando l’impianto in fase di costruzione si abbasserebbero i costi totali e si otterrebbe un sistema quasi completamente autosufficiente energeticamente, infatti anche il riscaldamento estivo verrebbe quasi totalmente soddisfatto dai pannelli solari. Alcune aziende come la Schüco o la Broad si sono mosse in questo senso presentando delle macchine anche da pochi kW. Si parte da 15 kW che corrispondono (per il sistema Schüco) a circa 200 metri quadri di locali da raffrescare fino a 30kW o anche 100 kW con il sistema Broad. Con questi sistemi alimentati ad energia solare si possono pensare impianti che servano abitazioni o negozi, attività commerciali, scuole o alberghi. La Schüco propone un pannello di sua produzione a doppio vetro che ottimizza le prestazioni, per la Broad invece sono necessari pannelli a concentrazione che, garantisce la casa, danno assieme al chiller, un rientro economico in un minimo di tre anni fino a un massimo di sei anni.
Le macchine ad assorbimento nel settore edilizio potrebbero quindi competere con il sistema a compressione per tutta una serie di vantaggi offerti, non ultimo la riduzione di CO2. Soprattutto il Broad Chiller ad energia solare, con i pannelli a concentrazione settore residenziale, grazie al suo enorme sviluppo, potrebbe fornire un aiuto notevole al contenimento delle spese di impianto se gli interventi per l’installazione di sistemi a compressione elioassistiti si diffondessero nelle nuove edificazioni. Alcune tipologie edilizie si prestano sicuramente meglio di altre ad accogliere l’impianto dato che per i pannelli solari, come per gli altri elementi impiantistici, sono necessari spazi di dimensioni specifiche che seguono soltanto le variazioni di richiesta frigorifera. Le tipologie vincenti sembrerebbero quelle che dimensionalmente prediligano uno sviluppo orizzontale o che abbiano comunque una disponibilità di grandi superfici soleggiate. Queste tipologie sono abbastanza tipiche delle periferie delle nostre città, aventi quindi uno sviluppo non intensivo dell’abitato. Lo schema che segue vuole essere un riepilogo dei pro e contro di una tipologia edilizia piuttosto che un’altra. Il sistema ad assorbimento potrebbe portare il suo aiuto anche ai vari sistemi di climatizzazione che stanno colonizzando ogni ambiente in cui viviamo. Uno per tutti l’automobile, che ha un costante aumento nella richiesta di condizionamento. Le auto producono già oggi un sovraconsumo dell’ordine del 25% – 35 % in città, e del 10% – 20% su percorsi extraurbani: questo comporta una emissione aggiuntiva annua del 5% in più. Se questo si moltiplica per il numero delle auto che hanno installato un climatizzatore si raggiungono cifre ragguardevoli. In questo caso il sistema ad assorbimento potrebbe sfruttare l’energia prodotta dal motore per produrre il condizionamento necessario all’abitacolo.