Rinnovabili

Fango, batteri e grafite: ecco pronte le Microbial Fuel Cell

Le Microbial Fuel Cell (MFC – celle a combustibile microbiologiche), sono sistemi bio-elettrochimico in grado di produrre elettricità utilizzando i batteri presenti in qualsiasi materia organica. Considerate a lungo, più o meno, una curiosità da laboratorio a causa della piccola quantità di energia in grado di sviluppare, tornano ora ad essere annoverate tra i promettenti sistemi ideati per sfruttare le fonti rinnovabili. In attesa che il 17 settembre a Bruxelles l’Enea faccia il punto sullo stato dell’arte in cui si trova attualmente la tecnologia delle MFC e sulle sue prospettive future, c’è già chi presenta ottimi risultati di applicazione. Parliamo di Lebônê Solutions, una start-up di Cambridge ha portato a termine un progetto pilota in Tanzania incentrato sull’uso delle fuel cell microbiologiche. Grazie al finanziamento dell’Harvard Institute for Global Health il team ha installato 6 basi di celle a batteri insegnando della popolazione come utilizzarle. Il netto vantaggio di questo tipo di pile a combustibile consiste nel fare completamente a meno dell’idrogeno utilizzato nelle celle tradizionali e nella possibilità di utilizzare come combustibile composti come il glucosio, l’acetato, e addirittura le acque reflue. Nelle MFC i microorganismi situati nel compartimento dell’anodo catabolizzano questi substrati producendo elettroni e protoni. Per ottenere queste celle il team ha utilizzato un tessuto “grafitato” – l’anodo – collocato sul fondo di un secchio e in contatto con una griglia metallica – il catodo – per poi inserire rifiuti naturalmente carichi di microbi come fango, letame o fondi di caffè. Uno strato di sabbia ha agito da separatore per gli ioni, mentre dell’acqua salata favorisce il transito dei protoni. Il gruppo ha aggiunto una centralina di gestione dell’energia per la regolarla ed inviarla a delle piccole batterie tampone esterne. Al momento l’energia che la cella è in grado di generare dipende dall’area dei fogli di grafite: circa un metro quadrato basterebbe a ricaricare un telefono cellulare, secondo Hugo van Vuuren, cofondatore del progetto, mentre 5 metri quadrati sarebbero in grado di alimentare un ventilatore o una piccola luce. Ma Lêbonê Solutions è convinta di poter ben presto sviluppare ulteriormente questa tecnologia per renderla competitiva con altre fonti alternative.

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