Steen Riisgard, ad della compagnia danese, punta con decisione al prossimo biennio, quando finalmente si potranno sfruttare gli enzimi industriali relativi alla produzione del biocarburante: passi da gigante vengono registrati anche in Cina e Brasile, ma bisogna cercare dei metodi estrattivi meno costosi.
(Rinnovabili.it) – È giunto finalmente il momento per il decollo definitivo dell’etanolo da cellulosa: Steen Riisgaard, amministratore delegato di Novozymes, è convinto che il pieno sviluppo di questo mercato possa avvenire nel 2013, più precisamente nell’anno in cui verranno istituiti i primi impianti commerciali per la produzione di questo biocarburante, ricavato da scarti industriali e piante. L’azienda danese sta infatti cercando alcune garanzie governative per costruire una struttura per i biofuel di seconda generazione; tra due anni, comunque, le raffinerie potrebbero spuntare come funghi in molte parti del mondo, ad esempio Brasile e Cina. Novozymes rappresenta la più grande società attiva nella produzione di enzimi industriali, un elemento utilissimo nell’ambito dei biocombustibili; in effetti, questi stessi enzimi sono in grado di sostenere la produzione del bioetanolo, ma nel momento attuale è necessario cercare dei metodi estrattivi più economici, visto che l’uso della cellulosa è molto più costoso, ad esempio, di quello relativo alla canna da zucchero (la differenza è fin troppo evidente, 50 centesimi al gallone contro circa 3-6 centesimi). Lo stesso Riisgard ha poi spiegato come il biennio 2014-2015 debba essere considerato quello in cui le centrali di produzione saranno pienamente operative. Il bioetanolo sta acquisendo un appeal sempre più crescente a livello internazionale: in Cina, Sinopec e Cofco stanno progettando un impianto dimostrativo entro il prossimo biennio, mentre in Brasile bisogna sottolineare le ricerche del Centro de Tecnologia Canaviera, il quale è improntato soprattutto all’etanolo ricavato dalle canne da zucchero. Anche l’Italia, comunque, svolge una parte attiva grazie al prezioso contributo del Gruppo Mossi & Ghisolfi di Milano.