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Enìa-Iride, fusione a ostacoli

Prestigiose banche d’affari: Mediobanca per Enìa e Banca Imi per Iride. Grandi gruppi creditizi internazionali: Credit Suisse per Enìa e BNP Paribas per Iride. Rinomati studi legali italiani ed esteri: Dewey & LeBoeuf per Enìa e gli studi Bonelli Erede Pappalardo e Benessia Maccagno per Iride. Soggetti che, quando questa operazione sarà stata perfezionata, porteranno a casa svariati milioni di euro. Eppure, in questo esercito di consulenti strapagati, fino a qualche settimana fa nessuno si era accorto che sulla strada della fusione fra Enìa e Iride c’erano due ostacoli che, sommati, superano i 200 milioni di euro.
Primo ostacolo: tra il ’96 e il ’99 tutte le aziende di servizi pubblici hanno beneficiato di sgravi fiscali che in seguito l’Unione Europea ha giudicato illegittimi. Enìa ha saldato il debito con l’Erario, Iride no: sono circa 180 milioni di euro da restituire, salvo che il Governo non intervenga con un maxi-condono.
Secondo ostacolo: Enìa è azionista di Edison attraverso la finanziaria Delmi. Se l’assetto di controllo di Enìa cambia, il gruppo lombardo A2A ha il diritto di acquistare la partecipazione di Enìa ad un prezzo scontato del 15 per cento. Scritto nero su bianco nei patti parasociali firmati nel 2005 e rinnovati l’anno scorso. In seguito alla fusione con Iride, l’assetto di controllo della società cambierà. Dunque, Enìa potrebbe essere costretta a vendere la sua quota di Delmi a 40-50 milioni di euro in meno rispetto al prezzo che ha pagato per acquistarla.
Due fatti arcinoti, scritti nei bilanci e in documenti societari pubblici, oggetto perfino di molti articoli negli ultimi anni, ma di cui – a quanto pare – i consulenti delle due aziende si sono accorti soltanto dopo due mesi. Con il risultato che le assemblee straordinarie per l’approvazione del progetto di fusione, che dovevano tenersi in seconda convocazione entro il 16 gennaio, sono state rinviate a data da destinarsi. Intanto, i 5.400 risparmiatori di Reggio, Parma e Piacenza e gli oltre mille fra dipendenti e pensionati di Enìa che hanno acquistato le azioni della società nel luglio 2007 piangono lacrime amare: dalla quotazione il titolo ha perso il 65 per cento del suo valore. Chi ha acquistato il lotto minimo spendendo più di 4 mila euro, oggi se ne ritrova fra le mani meno di 1.400. (Gabriele Franzini)

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