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Energia, si ricominci dall’informazione

L'Italia si è proclamata contro il nucleare. Rinunciando all'energia dell'atomo è ora importante provvedere alla compilazione di un nuovo piano energetico in linea con il raggiungimento degli obiettivi 20 20 20

A pochi giorni del Referendum che ha visto i cittadini italiani proclamarsi ancora, e a maggioranza, contro il nucleare chiediamo un commento a caldo alla Dott.ssa Concetta Fazio, ricercatrice presso il Karlsruhe Institute of Technology (Germania), e coordinatrice del Joint Programme sui Materiali per il Nucleare lanciato lo scorso novembre dall’European Energy Research Alliance, a cui partecipano tra gli altri l’italiana ENEA e il JRC della Commissione Europea.

*Linda Rondina* Quali crede saranno gli scenari futuri per il nucleare (ed energetici) in Italia e in Europa?

*Dott.ssa Concetta Fazio* L’energia nucleare è considerata un’energia a bassa emissione di CO2, quindi ha il potenziale di contribuire agli obiettivi 20 20 20 espressi dall’Unione Europea e rientra nel SET-Plan. Alcuni paesi hanno di recente dichiarato il “phase-out” dall’energia nucleare entro 10-20 anni, ma non tutti i paesi membri (sono un esempio Francia, Inghilterra, Finlandia, Polonia etc.) hanno bandito il nucleare dal loro mix energetico attuale e/o futuro. La ricerca nel campo nucleare è ancora di interesse nazionale e Europeo, per garantire il funzionamento ancora più sicuro dei reattori esistenti e di nuova generazione sulla base dello stato dell’arte tecnico-scientifico. Altri temi di interesse nazionale ed Europeo da investigare per non precludere la conoscenza e possibili scenari futuri sono preservare le risorse e migliorare la sicurezza e il trattamento e la riduzione dei rifiuti considerati pericolosi.
Per quanto riguarda il piano energetico italiano e per estensione il piano energetico europeo, andrà fatta una seria analisi tecnico-scientifica dei possibili mix energetici tenendo presente obiettivi essenziali come l’economicità, la fattibilità, la sicurezza di approvvigionamento, i cicli di vita, l’ambiente etc. e credo sia essenziale includere i cittadini nello svolgimento delle analisi. Considerati i trend attuali e quelli pronosticati per il prossimo futuro, la strategia dell’Europa di investire in ricerca e sviluppo per l’energia (includendo tutte le opzioni) è comprensibile.

*L. R.* Ritiene che il voto degli italiani sia stato sufficientemente “informato”, o piuttosto frutto dell’eco di Fukushima e della sindrome “not in my backyard”?

*Dott.ssa Fazio* L’evento in Giappone ha posto una serie di domande per quanto riguarda la sicurezza degli impianti; l’analisi degli eventi delle unità colpite è ancora in corso ed è essenziale averne una approfondita comprensione: il know-how europeo può contribuire a questo iter e può arricchirsi di nuove conoscenze.
L’avversione dei cittadini all’installazione nelle proprie vicinanze di impianti per la produzione di energia (sindrome NIMBY) è un fenomeno che si applica alle centrali nucleari, cosi come alle fonti rinnovabili. I fattori determinanti andrebbero ricercati in seno alla percezione che i cittadini hanno verso tali tecnologie e anche nelle strategie di comunicazione (ad esempio come sono organizzati i “public hearing” per coinvolgere i cittadini nelle decisioni da prendere) di chi intende installare tali impianti. Probabilmente l’odierna struttura socio-economica di alcuni paesi Europei rende i cittadini più sensibili su questioni come la sicurezza degli impianti, impatto ambientale, impatto panoramico e acustico rispetto ad altre considerazioni. E la sfida sarà nel trovare il giusto compromesso tra il benessere della società e le scelte tecnologiche più appropriate.

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