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Enea, risultati progetto impatto Ogm su biodiversità

BASIl progetto LIFE+ MAN-GMP-ITA, finalizzato alla valutazione dei rischi delle piante Ogm per aree protette e sensibili in Italia, è sviluppato in Emilia-Romagna, Lazio, Basilicata e Puglia.
In Basilicata – spiega un comunicato dell’ufficio comunicazione dell’Enea – il progetto è focalizzato sull’area protetta SIC “Costa Jonica – Foce Bradano”, area costiera umida ricca di differenti habitat (boschi di conifere, boschi sempreverdi, macchia mediterranea, dune sabbiose, corpi d’acqua e paludi salate). Particolarmente vulnerabili, a causa dell’erosione costiera, sono le dune sabbiose e la biocenosi ad essa legata come il giglio di mare Pancratium maritimum e la falena Brythis crini considerata specie a rischio.
La ricerca per la sperimentazione in campo non utilizza colture geneticamente modificate. Infatti, l’obiettivo è conoscere i livelli preesistenti di biodiversità nelle aree da proteggere per poter poi fissare con precisione gli obiettivi di protezione ambientale; nonché convalidare una metodologia di monitoraggio e gestione dei possibili effetti sulla biodiversità di piante geneticamente modificate.
“La valutazione dell’esposizione – spiega il dr. Salvatore Arpaia ricercatore dell’Enea e coordinatore nazionale del progetto – è effettuata attraverso il monitoraggio di 4 aree protette simulando una possibile esposizione a coltivazioni di mais e colza al fine di monitorare le interazioni fra agro-ecosistemi ed aree adiacenti, in particolare tramite la dispersione del polline. L’approccio è quello della biodiversità funzionale (termine usato in riferimento ai risvolti pratici e ai vantaggi che la biodiversità permette di conseguire nel campo coltivato, N.d.R.). Attraverso la valutazione e il monitoraggio delle principali funzioni ecologiche (l’impollinazione naturale, il controllo dei parassiti, le funzioni del suolo, ecc.) è possibile capire quali sono le possibili conseguenze ecologiche del flusso genico da colture geneticamente modificate verso gli habitat circostanti”.
La metodologia adottata, infatti, verifica i possibili punti di contatto tra due fenomenologie: da un lato il ciclo di vita delle piante, degli insetti e dei microrganismi del suolo nelle aree protette e dall’altro il possibile flusso di polline proveniente dalle coltivazioni. Studiando simultaneamente i due eventi si può capire quanto un’area sia soggetta ad effetti sulla propria biodiversità.
“Studiando tutte le possibili interazioni tra i due fenomeni – continua Arpaia – e combinando queste nuove informazioni con studi già conosciuti sugli effetti di alcuni Ogm, saremo in grado di produrre una caratterizzazione biologica delle quattro aree protette, anche grazie all’uso di modelli matematici elaborati di recente”.
Il primo anno di attività ha prodotto una caratterizzazione della entomofauna (Lepidotteri e Coleotteri Coccinellidae) e della flora infestante (Brassicaceae) di specifico interesse del progetto. Nel caso del SIC “Costa Jonica-Foce Bradano”, tale risultato rappresenta un ulteriore valore aggiunto per il territorio poichè ha contribuito a creare una prima checklist dell’entomofauna, a supporto di una maggiore conoscenza della biodiversità dell’area protetta.

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