Nell’ambito del G8 tenutosi nel mese di Luglio a L’Aquila è stato presentato, in occasione del Major Economies Forum (MEF) sull’energia e sul tema dei cambiamenti climatici, il nuovo Global Carbon Capture and Storage Institute. La CCS indica un complesso di tecnologie che consentono di ‘catturare’ l’anidride carbonica prodotta dalle centrali elettriche che utilizzano i combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturale), stoccandola poi in minerali, formazioni geologiche o sub-oceaniche in modo che non contribuisca ad aumentare l’effetto serra.
Lo scopo dell’istituto è quello di promuovere in tutto il mondo lo studio e la realizzazione di tecnologie avanzate, nell’ambito della cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), che trasformino le emissioni di gas serra in risorse. Il CCS Global Institute avrà sede in Australia, tutti i Paesi del G8 (Austria, Brasile, Canada, Cina, Unione Europea, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Corea del Sud, Messico, Russia, Sudafrica, Gran Bretagna e Stati Uniti) ne sono i fondatori e la dichiarazione redatta mostra i primi obiettivi: ‘accrescere decisivamente e coordinare gli investimenti pubblici nella ricerca, nello sviluppo e nella presentazione di queste tecnologie, con l’idea di raddoppiare questo tipo di investimenti entro il 2015’.
Sebbene gli obiettivi ed i principi della Convenzione quadro dell’ONU sul clima e la dichiarazione di Toyako 2008 (Giappone), per la riduzione delle emissioni di CO2, siano ben noti e accettati non solo a livello politico ma anche popolare, qual’è l’opinione della gente comune riguardo la CCS?
L’Istituto, infatti, vuole mobilitare risorse pubbliche e private per far decollare la tecnologia CCS non solo dal punto di vista commerciale ma anche normativo e di accettazione da parte dell’opinione pubblica. L’impegno immediato è stendere le basi per la creazione di oltre 20 progetti pilota, mentre sono sempre più numerose le pubblicazioni scientifiche internazionali riguardanti non solo l’efficienza di stoccaggio ma anche lo studio di punti di riferimento normativi e sondaggi per valutare l’opinione pubblica attuale.
Il messaggio dato dal G8 mostra che a livello politico la CCS è considerata una delle tecnologie leader per la riduzione delle emissioni di CO2 degli impianti per la generazione di energia elettrica attraverso combustibile fossile e, potrebbe consentire di utilizzare carbone, gas e petrolio contemporaneamente al raggiungimento degli obiettivi stabiliti per la riduzione delle emissioni di gas serra, anche se a tali tecnologie devono essere affiancate soluzioni completamente pulite come lo sfruttamento dell’energia solare, idroelettrica, geotermica e del vento.
Gli ultimi studi scientifici continuano a mostrare che l’energia necessaria per le fasi di cattura, compressione, trasporto e stoccaggio è ancora considerevole e che risulta indispensabile la creazione di impianti CCS sperimentali per verificare l’impegno di energia teorizzato dai modelli. Tuttavia, sembra improbabile che la tecnologia CCS comporterà una tempestiva riduzione della CO2.
A livello scientifico rimangono inoltre radicate le incertezze riguardo lo stoccaggio “permanente” della CO2 , sia che si pensi di stoccarla in cavità sotterranee o in giacimenti esausti di petrolio o gas, o in profondità sotto l’oceano o di fissarla in alcuni tipi di minerali. Le incertezze sono tali da indurre vari gruppi di ricerca a studiare le conseguenze ed il costo delle misure di risanamento dovuti ad un’eventuale imperfezione su un sito di stoccaggio, come ad esempio una fuga su vasta scala della CO2 in una falda acquifera sotterranea potabile. Gli stessi gruppi evidenziano che i governi, cercando di sviluppare norme che regolino le autorizzazioni dei siti allo stoccaggio efficiente e sicuro della CO2, basano tali norme essenzialmente sul calo della probabilità di fallimento, mentre, in una visione più realistica, per i primi progetti di stoccaggio si dovrebbe puntare a favorire i siti in cui le conseguenze del fallimento sarebbero meno gravose, perché le conseguenze sono più facili da quantificare rispetto alla probabilità di insuccesso.
Se gli scienziati ritengono in ultima analisi che gli investimenti nel campo della ricerca sulla tecnologia CCS non siano ancora soddisfacenti, ma cosa ne pensa la gente comune?
Nell’ambito del nostro sondaggio on line i lettori di Rinnovabili.it hanno espresso la propria opinione sul tema della “cattura” della CO2 come soluzione ai cambiamenti climatici mostrandosi favorevoli per il 37%, contrari per il 49% mentre il 14% non ha un’opinione al riguardo.
Vari articoli scientifici pubblicati sull’International Journal of Greenhouse Gas Control tra Maggio e Luglio presentano i risultati di sondaggi strutturati condotti sul tema in varie parti del mondo. Di seguito riportiamo alcune conclusioni delle indagini eseguite.
In Europa si ritiene che attualmente non ci sono prove che il sostegno alle tecnologie CCS porterà a sminuire il sostegno per le fonti energetiche rinnovabili, sebbene sia troppo presto per individuare un tale effetto. Comunque gli sforzi di comunicazione per ampliare la comunità dei soggetti interessati (non solo le imprese) in Europa sono attualmente deboli ed inadeguati, nonostante le dichiarate buone intenzioni da parte dei governi e dell’industria.
In Giappone è stata condotta un’indagine pubblica. Sulla base dei risultati del sondaggio i ricercatori hanno riscontrato che molte persone ancora non conoscono la CCS. Coloro che hanno delle conoscenze in materia di CCS mostrano una preferenza per l’attuazione delle tecnologie CCS, tuttavia, il favore diminuisce dopo aver ottenuto informazioni neutrali più approfondite al riguardo.
Questi risultati suggeriscono la possibilità che le informazioni sugli aspetti negativi del CCS (rischi ecc..) non sono ancora ben noti al grande pubblico. L’indagine ha individuato quattro fattori determinanti per l’accettazione delle CCS da parte dell’opinione pubblica: (1) rischi relativi alle fughe di CO2, (2) l’efficacia delle tecnologie CCS, (3) responsabilità, e (4) l’uso di combustibili fossili. E’ stato riscontrato che il fattore di comprensione dell’efficacia delle tecnologie CCS è quello che più influenza positivamente nell’accettazione delle tecnologie CCS, mentre il fattore di rischio dovuto alle perdite è quello che influisce più negativamente. Ciò implica che l’attuazione della CCS richiede un attenzione particolare nella comunicazione del rischio ad essa legato.
Anche in Canada il sostegno pubblico a tale tecnologia non è chiaro e, per far fronte a questa lacuna, alcuni ricercatori hanno condotto due gruppi di riflessione e un sondaggio nazionale.
I risultati hanno mostrato una lieve preferenza allo sviluppo in Canada della CCS, e la convinzione che la CCS è meno rischiosa rispetto alle normali operazioni dell’industria petrolifera e del gas, all’energia nucleare e alle centrali elettriche a carbone.
La maggioranza degli intervistati indica che sosterrebbe l’uso delle tecnologie CCS come parte di una strategia di riduzione dei gas a effetto serra, ma dovrebbero essere utilizzate in concomitanza con una politica di incremento dell’efficienza energetica e delle tecnologie energetiche alternative.
In Francia un recente sondaggio rivela che circa il 6% degli intervistati sono stati in grado di fornire una definizione soddisfacente della tecnologia.
Nell’ambito dello studio è stato richiesto di votare a favore o sfavore riguardo l’uso delle tecnologie CCS per due volte, rispettivamente prima e dopo una presentazione illustrante la tecnologia, ossia prima e dopo aver spiegato i concetti base del funzionamento e le sue potenziali conseguenze positive e negative. I tassi di approvazione, del 59% e 38% rispettivamente, dimostrano che non vi è, a priori, un rifiuto della tecnologia.
Un campione di intervistati è stato poi diviso in due per provare per un effetto semantico: la metà dei questionari utilizza il termine “stoccaggio”, l’altra metà “sequestro”. Manipolare il vocabolario non ha avuto alcun effetto statisticamente significativo sul tasso di approvazione. Il termine stoccaggio è ritenuto più significativo, ma non trasmette l’idea di un controllo permanente.
Dalla Svizzera i risultati più negativi: oltre alla scarsa conoscenza delle CCS si teme che uno spiegamento di CCS potrebbe creare dei precedenti che potrebbero ostacolare uno sviluppo sostenibile del settore energetico. Tuttavia le cognizioni mancanti riguardo i concetti che sono alla base delle tecnologie CCS sembrano premere per il rifiuto di base delle tecnologie CCS.
In Germania si ritiene che il favore dell’opinione pubblica alle tecnologie CCS sia indispensabile come un importante prerequisito per la loro diffusione su vasta scala, in considerazione delle difficoltà che in passato il carbone ha dovuto affrontare per quanto riguarda l’accettazione popolare.
Concludendo la comunità scientifica è unita nel ritenere che lo sviluppo di una forte cooperazione internazionale sulle tecnologie CCS basata sul coordinamento, la trasparenza, la condivisione dei costi e la comunicazione come principi guida, potrebbe agevolare e rendere efficace il rapporto costo-efficacia per raggiungere la realizzabilità dell’attuazione delle tecnologie CCS e rafforzare così una consapevolezza ed una fiducia del pubblico per tale tecnologia che ora è quasi ovunque ad un livello prematuro.
h4{color:#FFFFFF;}. Lucia Agnoletto