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Elettrodomestici efficienti: come riconoscerli?

In una indagine condotta da DataBank (Azienda di Studi Economici), in collaborazione con ISSI (Istituto Sviluppo Sostenibile Italia), è stato affrontato il tema del risparmio energetico relativamente all’etichettatura, e quindi dell’efficienza energetica degli elettrodomestici. L’indagine ha coinvolto famiglie residenti e rivenditori di elettrodomestici della provincia di Bologna ed è giunta a risultati interessanti:
– il 30% degli intervistati dichiara di conoscere l’etichettatura europea che certifica i consumi degli elettrodomestici;
– il 20% afferma di non averne mai sentito parlare;
– il restante 50% dichiara di averne sentito parlare ma di non conoscerne le caratteristiche.
Siamo quindi in presenza di un fenomeno di diffusa informazione che, tuttavia, non appare approfondita. L’impressione che si ricava dai risultati dell’indagine a campione, è quella di una conoscenza comune ma superficiale. Inoltre se si scende in dettaglio nell’indagine si scopre che:

– ben il 58% di coloro che conoscono o hanno sentito parlare dell’etichettatura, dichiara di non sapere qual è la percentuale di risparmio energetico ottenibile.
Soltanto un intervistato su dieci sa che la percentuale di risparmio energetico nell’utilizzo di un elettrodomestico a basso consumo, rispetto ai modelli meno efficienti, può essere superiore al 50% (è il caso di elettrodomestici di classe A+ e A++ rispetto a un elettrodomestico di classe C).

– Il 18% ritiene che il consumo delle tecnologie più efficienti sia del 30-50% inferiore alla media. Ciò significa che oltre il 70% degli intervistati ha un’idea molto lontana dalla realtà riguardo alle potenzialità di risparmio delle tecnologie più efficienti. Per quanto riguarda la disponibilità a sostenere un extracosto per l’acquisto di un elettrodomestico di classe più efficiente, circa il 90% degli intervistati si dichiara disponibile a pagare il 20% in più rispetto al prezzo medio.

Altri apparecchi, come le lampade fluorescenti compatte o le caldaie a gas a condensazione, non hanno etichetta, ma sono tecnologie intrinsecamente più efficienti, rispettivamente, delle lampade a incandescenza e delle caldaie a gas tradizionali.

*L’etichetta energetica*

I consumi energetici in Europa sono determinati su larga scala dalle apparecchiature elettriche; secondo stime del CECED (il consorzio europeo dei produttori di elettrodomestici), si tratta infatti di circa un terzo dell’energia totale consumata.
Secondo l’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), ogni anno in Italia vengono consumati 26 miliardi di kWh soltanto per l’alimentazione degli elettrodomestici. Tale utilizzo massiccio di energia elettrica, non solo genera una produzione eccessiva di emissioni di CO2, ma rappresenta anche un costo eccessivo per il consumatore. Dal 1994, per affrontare correttamente la questione, è stata introdotta a livello europeo l’etichetta energetica per gli elettrodomestici alimentati da rete elettrica.
Anche l’Italia ha recepito le varie direttive europee sopra menzionate che prevedono appunto, per i grandi elettrodomestici, l’impiego di una etichetta che riporti una serie di informazioni sulle loro performance e sulle loro caratteristiche energetiche.
In Italia l’applicazione di tale normativa è resa obbligatoria, per il momento, per le seguenti classi di elettrodomestici:

– frigoriferi e congelatori
– lavabiancheria ed asciugatrici
– lavastoviglie
– forno elettrico
– condizionatori d’aria
– lampadine

L’etichetta infatti serve a classificare il livello di consumi di ciascun modello:
la classe A – per la classe più efficiente, cioè a più bassi consumi;
la classe G per quella meno efficiente, cioè a più alti consumi (vedi figura).
Sotto al simbolo che identifica la classe di efficienza del modello, viene riportato il consumo in kilowattora (kWh) riferito a un anno di funzionamento (per i frigoriferi) o per ciclo di lavaggio (lavatrici, lavastoviglie). La lunghezza della freccia e il suo colore rappresentano i consumi: la freccia più corta e di colore verde indica i consumi più bassi, cioè l’efficienza più alta; la freccia più lunga e di colore rosso indica i consumi più alti e dunque l’efficienza più bassa.

Recentemente, per alcuni tipi di elettrodomestici, come ad esempio i frigo-congelatori – sono state introdotte delle classi di efficienza maggiore della A, contrassegnate con il simbolo A+ e A++, per modelli che riducono ulteriormente i consumi rispetto alla classe A:

• A+ se permettono di risparmiare fino al 13% rispetto ad A
• A++ se permettono di risparmiare fino al 25% rispetto ad A

Per ciascuna classe di consumo e per ogni tipo di elettrodomestico per il quale è prevista l’etichettatura è definito il livello minimo e quello massimo di consumo di elettricità. L’etichettatura energetica per i condizionatori fissi e portatili è obbligatoria dal luglio 2004. Abbiamo comunque gia trattato il tema dei condizionatori, vista la rilevanza di questi elettrodomestici tra i più energivori, la cui diffusione è in forte crescita.

Ecco le classi energetiche e i rispettivi consumi annui:

Classe A – 320 Kwh/anno
Classe B – 410 Kwh/anno
Classe C – 520 Kwh/anno
Classe D – 560 Kwh/anno
Classe E – 660 Kwh/anno
Classe F – 750 Kwh/anno
Classe G – 890 Kwh/anno

*Energy Label*

Mentre l’etichettatura energetica è obbligatoria per i principali elettrodomestici, esiste un altro marchio comunitario di qualità ecologica, chiamato Ecolabel. Questo non è un marchio obbligatorio: lo ottengono solo quei produttori che dimostrano di aver seguito rigorosi criteri ambientali di eccellenza nella produzione del modello e in particolare i principali criteri riguardano:

• il consumo minore di risorse nella produzione,
• il rumore,
• il ritiro e il riciclaggio a fine vita,
• la durata della vita media e la disponibilità di parti di ricambio.

I criteri vengono sottoposti a verifiche periodiche da parte dell’Unione Europea, ed hanno come obiettivo quello di ridurre i danni provocati dall’uso dell’energia e delle risorse a livello di fabbricazione, trattamento e smaltimento dei prodotti a fine vita, e a minimizzare il consumo di energia.

*Un occhio al portafogli*

I modelli più efficienti costano un po’ di più rispetto a quelli standard. Ma questo maggior costo, come vedremo in dettaglio, va considerato come un buon investimento sia dal punto di vista ambientale (riducendo i consumi si riducono le emissioni di gas serra ) sia dal punto di vista economico. Questo perché il maggior costo si ripaga nel tempo con i risparmi sulla bolletta e alla fine produce dei risparmi netti, che consentono di avere degli “interessi” sul capitale investito che variano in genere dal 5 al 12%.
La politica del consumo intelligente nasce proprio dalla scelta degli apparecchi ad alta efficienza e dal loro uso corretto. Cioé dallo scoprire che ridurre i consumi non solo comporta una diminuzione della bolletta, ma anche una riduzione delle emissioni di gas serra nell’atmosfera: basti pensare che un solo kilowattora (kWh) consumato è responsabile dell’emissione in atmosfera di circa mezzo chilogrammo di anidride carbonica (CO2), il più importante tra i gas responsabili dell’alterazione del clima globale. In questo senso, il nostro investimento si comporta come se fosse un “azione di risparmio” in energia e ambiente che ha un valore economico interessante.
Con gli elettrodomestici più efficienti sono possibili riduzioni del 30-50% e oltre dei consumi rispetto a quelli standard. Si tratta di modelli che costano di più, ma il loro maggiore costo viene rapidamente recuperato dal minor consumo di elettricità. Quello dell’ “extra costo” degli elettrodomestici a basso consumo è il fattore che influenza spesso la scelta del consumatore, ma una scelta razionale e responsabile per l’ambiente deve portare a considerazioni diverse.
Nella tabella che segue viene messo a confronto il maggior costo per l’acquisto di un modello con alta efficienza energetica, il risparmio economico annuo nella bolletta e il risparmio ambientale calcolato in chilogrammi di anidride carbonica evitata ogni anno. Viene infine evidenziato per ogni tipo di elettrodomestico il “tasso di interesse” in riferimento al maggior costo pagato. *Antonio Mori*

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