Rinnovabili

E’ in arrivo il personal computer…sostenibile

Secondo un recente studio statunitense, nel 2009 le vendite mondiali di computer portatili supereranno quelle dei monitor di televisori e computer desktop, raggiungendo più di 150 milioni di pezzi. Si prevede inoltre che la maggior parte dei consumatori utilizzerà lo stesso computer portatile per soli tre anni, per poi gettarlo o lasciarlo inutilizzato in un angolo della casa. Ed è per questo motivo che i designer stanno progettano una tipologia di personal computer più ecologico attraverso la pianificazione totale del suo ciclo di vita (LCA = Life Cycle Analysis), dal recupero delle materie prime all’utilizzo, fino al riciclo totale o parziale delle sue componenti. Il problema del ciclo di vita di questa tecnologia viene affrontato da ben otto punti di vista differenti, attraverso i quali si è cercato di attenuare l’impronta ecologica e l’impatto inquinante dei diversi livelli e passaggi di produzione.
1. La plastica deriva dal petrolio: la nuova “bioplastica” però richiede l’utilizzo di una quantità inferiore di petrolio per essere prodotta, sebbene risulti infine più resistente al calore. La Fujitsu produce una tipologia di computer portatile per metà naturale e per metà convenzionale, utilizzando fino all’80% di contenuto di bioplastica.
2. Smaltimento in discarica: la soluzione all’abbandono del vecchio pc sarebbe mantenere aggiornato il sistema dei nostri computer, risparmiando non solo soldi, ma anche energia e materiali che servirebbero per rimpiazzare la vecchia macchina con un nuovo modello. Un computer prodotto da Asus permette all’utente di cambiare il processore, la scheda grafica e altre parti, semplicemente rimuovendo un pannello, senza bisogno di smontarlo completamente.
3. Monitor energivori: l’utilizzo della luce verde tipica degli OLED per l’illuminazione dello schermo permetterebbe di risparmiare la metà dell’energia elettrica consumata, senza compromettere la risoluzione grafica e visiva, grazie ad una luce di fondo fluorescente.
4. Energia dalla rete: un modo eccellente per non sovraccaricare la rete e per consumare meno energia sarebbe l’utilizzo di celle fotovoltaiche integrate nelle componenti esterne del computer. Esistono già sistemi di questo tipo, sviluppati e prodotti dalla compagnia MSI Computers, che sembrano essere all’altezza delle aspettative energetiche ed estetiche.
5. Componenti tossiche: l’eliminazione del piombo da tutti gli elementi del sistema allontanerebbe il rischio di respirare veleni tossici. L’Unione Europea ha decretato i limiti legali sulle tossine presenti nelle componenti elettroniche in vendita, e gli Stati Uniti hanno già introdotto una norma simile, anche se facoltativa.
6. Difficoltà di riciclo: la soluzione è schedare ogni componente del computer, in modo che le persone adibite alla raccolta e allo smistamento possano immediatamente individuare le componenti destinate al riciclo, dividendole da quelle non riciclabili. L’EPEAT, sistema di certificazione attivato dal Green Electronics Council, assegna medaglie d’oro, argento e bronzo ai computer sulla base del loro livello di riciclabilità, durata del prodotto, tossicità dei componenti, risparmio di energia e di acqua, ecc.
7. Il disco rigido: i laptop del futuro potranno ridurre del 10% lo spreco di energia semplicemente sostituendo il disco rigido con una memoria cosiddetta “flash” composta da parti removibili. La Dell ha appena prodotto un pc con una memoria di questo tipo da 32 Gigabytes, e Samsung spera di poter superare di trenta volte queste prestazioni entro il 2012.
8. Alto contenuto di energia: per produrre un computer portatile occorre lo stesso quantitativo di energia che verrà poi utilizzato in tutto il suo ciclo vitale. Entro il 2009 dovrebbero entrare però in funzione le migliori fabbriche “verdi” del mondo per la produzione di computer. La Texas Instruments di Richardson consumerà il 20% in meno di elettricità e il 35% in meno di acqua, producendo il 50% in meno di ossido di azoto. Inoltre utilizzerà il calore di scarto prodotto dai condizionatori dell’aria per scaldare l’acqua, eliminando quattro caldaie a gas molto inquinanti.
Volendo essere precisi dovremmo aggiungere un ultimo punto a questo elenco, che riguarda un’iniziativa molto diffusa e promettente, soprattutto per il suo impiego in ambito didattico e per il titolo completamente volontario dell’iniziativa:
9. Il trashware: si tratta di una pratica di recupero dei vecchi hardware, riassemblando pezzi di computer diversi, più o meno vecchi, per renderli nuovamente utili e funzionanti. Inoltre l’installazione di un software libero sul sistema, come il sistema operativo GNU/Linux, serve per alimentare lo spirito di libertà dell’iniziativa. Il materiale informatico così ottenuto viene consegnato in modo totalmente gratuito a persone ed enti che ne abbiano bisogno, in particolar modo Istituti scolastici pubblici.
Torniamo ora ad uno degli aspetti più interessanti per lo sviluppo di sistemi innovativi di salvaguardia dell’ambiente, già accennato al sesto punto del “vademecum per la sostenibilità tecnologica”.
Chi avrebbe mai pensato che un piccolo adesivo avrebbe costituito il passo decisivo nell’avvento di “computer verdi” nel 2006? Naturalmente, ci sono un alto livello di studio e di soldi dietro questi piccoli autoadesivi, ma i risultati dei primi 6 mesi dell’utilizzo della sopraccitata certificazione di EPEAT sono assolutamente vincenti. L’EPEAT certifica le apparecchiature elettroniche e assegna “medaglie” d’oro, d’argento e di bronzo sulla base di un certo numero di parametri ambientali, come il livello di riciclabilità e il contenuto di sostanze nocive nei materiali. Soltanto due calcolatori finora sono stati valutati meritevoli dell’assegnazione della medaglia d’oro di EPEAT, tuttavia, grazie all’introduzione di questo semplice meccanismo, sono molti i produttori e i fornitori che si stanno sforzando di contribuire alla commercializzazione di una tecnologia più pulita e rispettosa dell’ambiente. I computer che sono stati certificati da EPEAT finora, rispetto ai computer tradizionali, sono caratterizzati da specifiche interessanti, ambientalmente ed energeticamente parlando. Infatti questi modelli di pc hanno fatto risparmiare 13.7 kWh di elettricità, 24,4 milioni di tonnellate di materiale, hanno evitato l’emissione di 56.5 milioni di tonnellate di inquinanti in atmosfera e 118.000 tonnellate di inquinanti in acqua, hanno ridotto l’uso di materiale inquinante per la loro costruzione di 1.000 tonnellate circa, ed evitato di conseguenza lo smaltimento di 41.100 tonnellate di rifiuti pericolosi. Tutto questo per riuscire ad ottenere quel famoso piccolo adesivo. E non passerà molto tempo ancora, prima che l’EPEAT introduca una nuova medaglia, quella di platino, per far fronte all’alto livello di sostenibilità che i prodotti stanno raggiungendo. Questo dimostra, come è già avvenuto con il bollino di classe A per gli elettrodomestici e la certificazione dei manufatti edili di nuova costruzione (ad esempio quello introdotto dal marchio Casa Clima), che l’impegno ad ottenere grandi risultati, se normato e giustamente motivato da uno sforzo collettivo che va dal produttore al consumatore, può davvero costituire la via preferenziale ad un futuro più sostenibile. La HP, azienda già premiata dalla certificazione EPEAT, ha diffuso nei giorni scorsi la notizia che, grazie ad un proprio programma interno di riciclo, ha recuperato/riciclato materiale elettronico come computer e stampanti per un valore equivalente ad un miliardo di sterline, contribuendo d’altra parte in maniera massiccia alla diffusione dei cosiddetti “computer verdi”. Le aziende come la HP, che hanno investito in programmi ed infrastrutture di riciclaggio, ora stanno realizzando enormi profitti riciclando i prodotti giunti alla conclusione del loro ciclo di vita. Lo spirito imprenditoriale alla base di questa operazione, non serve solo ad aumentare il prestigio economico di un’azienda, ma contribuisce in maniera sostanziale ad alzare il livello di impegno per un futuro dominato dalla tecnologia “verde”. Ma non è tutto, perché oltre alle interessanti iniziative di certificazione e di recupero e riciclo dei pc, spesso sotto forma di trashware, si aggiunge una nuova iniziativa che, partita dagli Stati Uniti, si sta diffondendo in tutto il mondo: trasformare i vecchi telefonini in dollari sonanti! Ci sono infatti centinaia di milioni di telefonini che giacciono dimenticati e inutilizzati nei cassetti degli americani (e non solo), che non possono nemmeno essere aggiornati con gli ultimissimi software introdotti sul mercato dai nuovi modelli di cellulari multifunzione ad alte prestazioni. Da oggi esiste un’alternativa, introdotta da CellforCash.com, che ha istituito un programma di recupero che prevede l’acquisto dei vecchi telefonini per un compenso che vai 5 ai 100 dollari, al fine di riciclarli. E questa è solo l’ultima delle iniziative che contribuiscono su larga scala alla diffusione di “buone pratiche”, basate su un circolo virtuoso sintetizzato dallo slogan delle 3R, Recupero-Riciclo-Riuso, verso l’educazione alla sostenibilità.
(Fonti Popular Science e EcoGeek)

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