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Dalla teiera al motore, il biofuel che viene dagli scarti del tè

(Rinnovabili.it) – I produttori principali di tè nero, Cina, India, Kenya e Sri Lanka, potrebbero, in un futuro prossimo, giocare un ruolo predominante nel mercato del biofuel se il lavoro condotto da alcuni scienziati pachistani dovesse rivelarsi commercializzabile. I ricercatori della Divisione Nanoscience e Catalisi di Quaid-i-Azam University hanno impiegato la nano catalisi metallica per la produzione di biodiesel a partire dalle foglie di tè usate.
Tajamul Hussain, co-autore dello studio, è convinto che, dal momento che “il mondo attuale sta consumando diversi milioni di tonnellate di tè ogni anno, questo metodo possa essere utilizzato per produrre energia alternativa”. Partendo dagli scarti della Camellia sinesis, gli scienziati hanno proceduto alla gassificazione, mescolando le foglie esauste e secche con un catalizzatore in cobalto e riscaldando il tutto a elevate temperature. Il liquido estratto ha subito un secondo processo per la produzione di un 40 per cento di estere etilico, ossia biodisel, un 28 per cento dei gas idrocarburi – composti da etano, metanolo e metano – e un 12 per cento di carbone. I ricercatori hanno percorso anche una strada alternativa processando gli scarti di tè biologicamente tramite l’aggiunta di un micete, l’Aspergillus niger, il cui processo di fermentazione è sì più economico ma decisamente lento. Lasciato crescere direttamente sulle foglie determina una produzione nell’arco di qualche giorno del 57 per cento di biodiesel in forma di etanolo.
Ai critici che hanno evidenziato come il processo di conversione del tè abbia in realtà costi energetici di produzione superiori all’energia del biodiesel finale, Hussain ha risposto facendo notare che un elevato in-put sia necessario solo per la prima strategia e che, a conti fatti, risulti molto più vantaggioso di quello, simile, a partire dai fondi di caffè.

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