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Dalla fiera di Arezzo il rapporto sulle agrienergie italiane

Sono 700 gli impianti “verdi” italiani a produrre energia pulita, registrati nel rapporto Aper. Oltre la metà concentrati nel nord della Penisola

(Rinnovabili.it) – La terza edizione della manifestazione areatina Agrienergie si è aperta oggi con l’inaugurazione del presidente della Regione Toscana Claudio Martini. Alla fiera nazionale sulle rinnovabili legate all’agricoltura il compito di fare il punto sullo sviluppo di tutte quelle filiere energetiche che impiegano biomasse agricole e forestali, nuova frontiera produttiva per il nostro settore primario.
Per disegnare un quadro esaustivo dal convegno inaugurale promosso da Legambiente dal titolo “Strategie per lo sviluppo delle filiere agroenergetiche in Italia – uso del suolo e criteri di sostenibilità”, Aper, l’Associazione produttori energia da fonti rinnovabili ha presentato il rapporto dedicato agli impianti “verdi”. L’indagine mette ancora una volta ai primi posti per produzione energetica le regioni del nord registrando la presenza di oltre il 50% dei circa 700 impianti rinnovabili presenti in tutto il Paese per un totale di 1490,88 MW installati; la Lombardia, con 174 impianti per un regime di 237MW a biomasse, è in vetta alla classifica regionale seguita da Trentino Alto Adige con 91 impianti ed il Veneto con 76. E ancora l’Emilia Romagna con 75 e al Centro, la Toscana con 32.
La ricerca dimostra dunque un settore in sviluppo, “ma con ancora tanta strada da fare”, la cui importanza va individuata non solo nell’abbattimento delle emissioni di CO2, ma anche nella possibilità d’offrire alle imprese agricole nazionali un potenziale margine economico aggiuntivo.
Proprio con questa convinzione Legambiente ha presentato dal palco della Fiera un documento per “un rilancio sostenibile” delle bioenergie italiane; come fonte energetica indissolubilmente legata a economie agricole locali e contesti territoriali, spiega l’Associazione ambientalista, implica necessariamente uno sviluppo altamente decentrato, con scelte di tecnologie e di impianti dimensionate sulle risorse di biomassa dei diversi territori. Tener conto di questo può dar vita a importanti volani economici e di sviluppo sostenibile.

Le potenzialità esistono dunque e di questo ne è fermamente convinta la Toscana che tramite l’Arsia, l’agenzia per l’innovazione in campo agricolo e forestale che ha seguito molti dei progetti innovativi in questo ambito, ha stimato il valore complessivo dell’energia che potrebbe essere prodotta nella Regione da un utilizzo programmato di biomasse residue delle lavorazioni agricole e forestali e, solo in minima parte, da quelle derivanti da colture dedicate.
Il risultato? Ben 800 milioni di euro, pari a circa un terzo dell’intera produzione lorda vendibile dell’agricoltura toscana proveniente da una capacità di 300 MW elettrici (e/o 750 termici); non solo, se utilizzata come energia termica permetterebbe di riscaldare fino a 50.000 appartamenti.
“In pochi anni in gran parte delle aree rurali della Toscana ci si riscalderà utilizzando i residui dei diradamenti nel bosco vicino casa, o delle potature di vigne e oliveti delle campagne circostanti: questo e’ l’obiettivo e la sfida che abbiamo davanti”, ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, direttrice dell’Arsia. “Sono in funzione o in fase di completamento in Toscana una cinquantina di impianti che di qui al 2010 ci permetteranno di riscaldare mille appartamenti. In pochi anni si potrebbe arrivare al risultato ipotizzato in uno studio che abbiamo illustrato oggi: e cioè alla produzione di un quantitativo di energia prodotta pari a 350 Megawatt elettrici, con un valore sul mercato di 800 milioni di euro”.