(Rinnovabili.it) – Convertire e immagazzinare il calore solare attraverso procedimenti chimici, mantenendone inalterata la sua conservazione per lunghi periodi di tempo. Questa, in sintesi, la scoperta dei ricercatori statunitensi che hanno sviluppato una nuova applicazione dei nanutubi di carbonio in grado di convertire e immagazzinare il calore solare per utilizzarlo ogni qualvolta che ce ne sia la necessità. Lo stoccaggio chimico dell’energia solare non è una novità: già in passato erano stati fatti vari tentativi applicativi, che però non hanno avuto successo perché i prodotti chimici utilizzati erano poco duraturi oppure includevano il rutenio, materiale raro in natura e piuttosto costoso. L’anno scorso, invece, il Professor Jeffrey Grossman insieme a quattro suoi collaboratori avevano capito che probabilmente la soluzione poteva essere il _fulvalene diruthenium_ e che una migliore comprensione di questo processo avrebbe sicuramente facilitato la ricerca. Oggi la soluzione, grazie anche alla collaborazione di Alexie Kolpac: minuscole strutture tubolari di carbonio puro combinate a un composto chiamato _azobenzene_, capaci di convertire e contemporaneamente stoccare l’energia solare. L’esclusione del rutenio ha reso il processo di stoccaggio molto meno costoso e molto più efficiente: a detta di Grossman, esso sarebbe in grado di *immagazzinare una quantità di energia 10.000 superiore*, in termini di densità volumetrica, rispetto a quanto accadeva prima. Insomma, un materiale che converte e immagazzina energia, non si degrada ed è persino a buon mercato. L’unico limite, per il momento, è legato alla produzione dell’energia elettrica, per la quale sarebbe necessario un’ulteriore processo di conversione.