La Forests Dialogue’s Initiative on Forests and Climate Change, è un’iniziativa che ha messo insieme in vari meeting, nel corso di una decina di mesi, oltre 250 tra rappresentanti di organizzazioni ambientaliste, governi, sindacati, imprese, comunità locali e gestori di foreste. Nella sessione d’ottobre si è verficata una generale concordanza su cinque principi guida da proporre a chi dovrà negoziare i nuovi livelli della lotta ai cambiamenti climatici.
Questi principi sono contenuti in una dichiarazione di intenti, il “Beyond REDD: The Role of Forests in Climate Change” (Il ruolo delle foreste nei cambiamenti climatici) dove è stato infatti identificato, unanimemente come combattere i cambiamenti climatici.
La risposta è infatti nella gestione sostenibile di questa ricchezza, arrestando la deforestazione dal momento che sono milioni gli individui la cui vita dipende dalle foreste. L’impegno a difenderle deve quindi rappresentare a livello mondiale un’esigenza primaria, visto che, come è noto, le foreste hanno una particolare capacità di diminuire l’impatto delle emissioni di gas serra, di catturare il carbonio, e attenuare l’effetto del climate change sia sull’ambiente che sugli uomini. Di primaria importanza quindi si rivela, soprattutto in Europa, l’impatto dei parchi, nel limitare gli effetti delle emissioni nocive e nella preservazione della biodiversità.
In Europa ci sono oltre 75.000 zone protette, per un’estensione di più di 90 milioni di ettari, circa il 18% della sommatoria di 39 nazioni europee. I dati provengono dallo studio del professor Roberto Gambino, del Politecnico di Torino, presentato proprio in questi giorni a Barcellona. Un’esigenza particolare per l’Europa è la valorizzazione dei cosiddetti network ecologici internazionali, (vedi la Rete Natura 2000), e la realizzazione di un’intesa tra le politiche delle Aree Protette e le quelle della difesa del paesaggio.