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Congo: Greenpeace mette in luce la progressiva scomparsa delle foreste

(Rinnovabili.it) – “Il bacino congolese ospita la seconda maggior foresta tropicale al mondo dopo l’Amazzonia: si tratta di una fonte vitale di cibo, medicine e altri servizi di base per ben quaranta milioni di abitanti, oltre che di un elemento fondamentale per mitigare il cambiamento climatico”. Comincia in questa maniera “Forest reform in the Democratic Republic of Congo: leaving people out”, il rapporto che Greenpeace ha reso noto in questi giorni in merito alla situazione socio-ambientale della nazione africana. Il documento si è concentrato soprattutto sull’operato di una compagnia industriale, Norsudtimber, la quale detiene i permessi per disboscare oltre sette milioni di ettari di foresta pluviale in questo stato, una superficie doppia rispetto a quella del Belgio per comprenderne le dimensioni. Le proteste degli abitanti non hanno impedito questa deriva, anzi l’evidenza dimostra come l’espansione dell’industria in questione sia la causa di conflitti sociali, ma soprattutto del progressivo deterioramento delle risorse naturali. Entità di rilievo come la Banca Mondiale dovrebbero impedire il disboscamento, invece secondo Greenpeace perfino questa organizzazione internazionale lo incoraggerebbe come modo per aumentare il prodotto interno lordo congolese. La riforma delle foreste è stata avviata nel 2002, ma dopo otto anni la situazione risulta essere grave e allarmante: chi abbatte gli alberi della vasta foresta vive ancora nell’impunità, mentre gli abitanti della zona vengono ricompensati dalla compagnia con sale, birra o sapone per poter agire indisturbata. Seicento specie di piante sono dunque in pericolo, una biodiversità che potrebbe essere sfruttata diversamente; molte iniziative europee stanno andando nella direzione di un settore del legno più legale, come ha sottolineato la stessa Greenpeace c’è bisogno di uno sviluppo sostenibile che sia responsabile dal punto di vista ambientale ed equo da quello sociale.

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