Tornato alla ribalta con il progetto “Energy Island” degli inglesi Dominic e Alex Michaelis, il sistema di produzione energetica dal mare si propone come una delle soluzioni più affascinanti al “caro petrolio”
Per secoli abbiamo cercato di dominare la natura, ora la nostra speranza è lavorare con le forze della natura”. Questo il motto dei britannici Michaelis, Dominic e Alex, padre e figlio, promotori delle “Isole Energetiche”, delle vere e proprie isole galleggianti, capaci di catturare energia dal sole, dal vento e dal mare. Proprio quest’ultimo sistema di produzione energetica è quello che ha maggiori potenzialità di successo. Gli oceani coprono circa il 70% della superficie terrestre e ciò fa di essi i più grandi “magazzini” di radiazione solare, paragonabili per contenuto termico giornaliero a circa 250 miliardi barili di petrolio. Se si riuscisse a convertire anche solo il 10% di tale energia in elettricità si fornirebbe una quantità pari a 20 volte il fabbisogno annuo degli Stati Uniti d’America.
La tecnologia che permette di realizzare ciò si chiama OTEC – Ocean Thermal Energy Conversion, e, nonostante non sia ancora stata ampiamente utilizzata, risale al lontano 1881.
Arsene d’Arsonval, propose di sfruttare la differenza termica tra le acque oceaniche superficiali e quelle fredde di profondità per generare elettricità; unica condizione che la differenza di temperatura sia di circa 20° C, situazione che circoscrive la localizzazione degli impianti alle sole zone costiere dei mari tropicali tra il Tropico del Capricorno e il Tropico del Cancro. Il fisico francese non riuscì però a realizzare alcun prototipo di tale sistema; meglio andò ad un suo studente, Georges Claude, che costruì la prima centrale OTEC a Cuba, nel 1930, che raggiungeva una potenza elettrica di 22 kW.
In seguito furono costruite altre centrali in Brasile ed in Costa d’Avorio ma ebbero un destino avverso: la prima fu distrutta da un uragano e la seconda non fu mai completata. Nel 1974 gli USA cominciarono ad interessarsi del sistema OTEC e fondarono il Laboratorio di Energia Naturale delle Hawaii, a Keahole Point, che è ancora oggi il più grosso centro di sperimentazione di tale tecnologia.
Ma vediamo da vicino di cosa si tratta. I sistemi OTEC si suddividono in tre tipologie:
* A ciclo chiuso
* A ciclo aperto
* Ibrido
Nei sistemi a ciclo aperto l’acqua di mare calda viene pompata in un evaporatore dove, in condizioni di bassa pressione (di solito 0,03 bar) evapora alla temperatura di 22° C. Tale vapore si espande in una turbina a bassa pressione, la quale è collegata ad un generatore elettrico, mentre il vapore viene condensato e scaricato nelle profondità marine.
Il sistema ibrido è la combinazione dei due; l’acqua di mare evapora in un evaporatore flash e viene utilizzata come liquido di processo in sistema chiuso.
Le centrali OTEC, oltre a produrre energia “pulita”, presentano altri vantaggi:
* Producono acqua dissalata, molto utile nelle isole;
* Permettono l’utilizzo delle acque fredde per effettuare la climatizzazione di ambienti abitati;
* Favoriscono l’idrocoltura (cioè la coltura delle piante in acqua), con sfruttamento delle acque di profondità, prive di patogeni e ricche di sostanze nutritive;
* Consentono la cosiddetta “agricoltura a suolo freddo”, in cui si raffredda il suolo tramite acque fredde convogliate in apposite tubazioni; questa tecnica consente a molte piante tipiche dei climi temperati di crescere anche ai tropici.
Il progetto Energy Island è attualmente ancora in fase di studio; le potenzialità energetiche sono enormi (si stima che ogni isolotto possa fornire circa 250 megawatt !) ma i costi non sono da meno, specie per ciò che riguarda gli impianti OTEC. La collaborazione dell’Università di Southampton, di numerose imprese industriali e (soprattutto) del miliardario della Virgin, Richard Branson, fanno ben sperare per la realizzazione in un futuro prossimo di queste isole ecologiche.