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CO2, la quota nascosta nel commercio internazionale

(Rinnovabili.it) – Una quota crescente delle emissioni globali è legata alla produzione di beni e servizi del commercio internazionale ma, a causa delle pratiche di rendicontazione attuale, alcuni paesi hanno nascosto la loro aumentata impronta di carbonio. Se si acquista un maglione o un frigorifero ad esempio, le emissioni derivate dai processi di fabbricazione sono a carico del paese produttore, mentre in quello consumatore tali emissioni rimangono *invisibili.* In questo modo, alcune nazioni possono aumentare la propria _carbon footprint,_ mantenendo invariata quella che viene segnalata a livello ufficiale.

Un team internazionale di ricercatori ha compilato un database dei settori delle emissioni globali di biossido di carbonio connesse al commercio dal 1990-2008 e per *57 settori economici* in 113 paesi. Questo set di dati consente, per la prima volta, un’analisi dettagliata del ruolo ambientale _dell’international trade_ nei singoli paesi nel corso del tempo. “La spiegazione di ciò è che l’aumento delle importazioni per i paesi ricchi ha determinato un aumento della produzione e delle emissioni nei paesi in via di sviluppo”, ha spiegato Glen Peters autore dello studio e ricercatore presso _Center for International Climate and Environmental Research di Oslo_ (“CICERO”:https://www.cicero.uio.no/home/index_e.aspx). “Il commercio internazionale ha concesso molto al necessario sviluppo economico nei paesi emergenti, ma allo stesso tempo, molti paesi ricchi ne hanno beneficiato aumentando i consumi senza aumentare le proprie emissioni territoriali”. Basti pensare che solo nel 2008, gli aumenti delle emissioni nei paesi in via di sviluppo legate ai consumi dei paesi industrializzati hanno superato i risparmi di CO2 realizzati da quest’ultimi di cinque volte.

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