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Celle fotovoltaiche al 40.7% di rendimento grazie ai materiali metamorfici

Dai transistor anni 90 alle celle ad alta efficienza: si tratta di una nuova classe di materiali che permette la creazione della cella solare migliore al mondo, creata grazie alle sperimentazioni della Spectrolab

E’ stata sviluppata da Spectrolab, una società consociata di Boeing con sede in Sylmar, CA, una cella solare che amplifica del doppio l’efficienza dei moduli fotovoltaici. La tecnologia impiegata nella produzione di questa cella utilizza una classe praticamente inesplorata di materiali, che potrebbero portare a ulteriori passi avanti nell’efficienza dei moduli PV entro il 2020, producendo l’energia elettrica da radiazione solare meno costosa mai ottenuta. La cella, che impiega dei nuovi materiali “metamorfici”, è ad oggi disegnata per i dispositivi fotovoltaici che utilizzano lenti e specchi per concentrare i raggi del sole su un’unica, piccola e altamente efficiente, cella solare, richiedendo perciò molto meno materiale semiconduttore rispetto ai moduli solari convenzionali. Il mese scorso la Spectrolab ha pubblicato sul giornale Applied Physics Letters (Lettere di Fisica Applicata) i primi dettagli sulla sua cella, che convertirebbe il 40,7% della radiazione luminosa captata in elettricità. Parallelamente altri gruppi stanno sviluppando la tecnologia di queste celle efficienti, inclusi i ricercatori del Laboratorio Nazionale di Energia Rinnovabile (NREL) del Ministero per l’Energia, a Golden, nel Colorado. Essi sostengono che le loro celle avrebbero migliorato l’efficienza passando dal 37,9% del 2005 al 38,9% di oggi, ma senza eguagliare l’impresa Spectrolab. I semiconduttori metamorfici impiegati nella costruzione delle nuove celle sono molto simili a quelli che costituivano le celle ad alta efficienza usate in aeronautica e nello spazio. Come le celle dei satelliti e dei veicoli per gli atterraggi planetari, impiegano tre strati di semiconduttori, ognuno specificatamente conformato per catturare una porzione dello spettro solare (i normali moduli PV hanno soltanto uno strato attivo). Questi strati di semiconduttori sono montati uno sull’altro, alternati da elementi composti da cristalli che crescono liberamente in uno strato vuoto. Per evitare che questi cristalli, che fungono da “trappole” per l’energia solare, crescano con difetti difficilmente controllabili, i progettisti del dispositivo hanno fino a poco tempo fa impiegato soltanto un repertorio limitato di semiconduttori, come l’arseniuro di germanio e gallio, che formano strutture cristalline simili. I materiali metamorfici forniscono flessibilità alla cella, evitando una rigida costrizione strutturale, e permettono l’utilizzo di una vasta gamma di materiali, compresi quelli con le strutture dette “mismatched”, il che, secondo Sarah Kurtz , principale ricercatore NREL, apre ad un intero mondo di possibilità inesplorate. Ciò che rende possibile tutto questo è l’addizione di strati-tampone tra gli strati di semiconduttore. Questa tecnica veniva già largamente impiegata nel 1990 per i transistor ad alta velocità. La Spectrolab, in questa corsa all’avangurdia tecnologica, ha senza dubbio raggiunto i risultati migliori: il suo 40,7% è stato ottenuto grazie all’utilizzo di una cella metamorfica perfezionata, in cui alle migliori celle convenzionali sono stati incorporati dei semiconduttori, sullo strato più esterno e nella porzione mediana della sezione, che riescono a catturare la radiazione solare nella banda dell’infrarosso, traguardo che ancora mancava nelle precedenti versioni della cella. Raed Sherif, direttore della sezione dei prodotti a concentrazione di Spectrolab, sostiene che le celle solari metamorfiche copriranno dal 45 al 50% dell’efficienza e che, affiancate alla riduzione del costo dei materiali, potrebbero far diminuire rapidamente il costo di produzione dell’energia da fonte solare. (Fonte Science Daily)