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Caro frigorifero, dove ti butto?

Oggi a Roma un incontro per individuare gli aspetti critici della gestione dei RAEE e le azioni da intraprendere per trasformare un problema in valore aggiunto

Tante le tipologie di prodotto, troppa la specificità del sistema di distribuzione italiano, diffuso l’export illegale. Nonostante la complessità della tematica, con una normativa di riferimento ancora da perfezionare e ombre sulle quali occorrerebbe fare luce, i Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE) possiedono un elevato valore economico, sociale ed ambientale che, se gestito nel giusto modo, porta vantaggi per tutti. Se n’è parlato questa mattina, a Roma, durante un incontro organizzato da Ecodom e Liberambiente per fare un bilancio sull’attuale sistema italiano con cui vengono gestiti i RAEE e individuare i giusti spunti per rivedere la Direttiva europea.

 

Ma cosa sono i RAEE? Sono rifiuti originati da prodotti elettrici ed elettronici giunti al termine del loro ciclo di vita. La normativa classifica quelli domestici in 5 raggruppamenti, con impatti ambientali e possibilità di riciclo differenti e che per questo richiedono procedure e tecnologie di trattamento ad hoc: freddo e clima (frigoriferi, condizionatori, ecc); grandi bianchi (lavatrici, lavastoviglie, cappe, forni, ecc); televisori e monitor; piccoli elettrodomestici, elettronica e accessori, cellulari; sorgenti luminose e dispositivi di illuminazione. Circa il 55% dei RAEE è un rifiuto pericoloso che, se diffuso indiscriminatamente, possono danneggiare gravemente l’ambiente e la salute dell’uomo. Per questo una loro corretta gestione contribuisce a risparmiare energia e risorse naturali, in più conviene.

 

In Italia quello dei RAEE è un sistema aperto composto da un Comitato di Vigilanza e Controllo, un Centro di Coordinamento, Sistemi Collettivi e Sottoscrittori. Il Centro di Coordinamento, previsto dal D. Lgs. 151/2005, è un organo formato da più soggetti che ha il compito di garantire condizioni uniformi e omogenee tra i Sistemi Collettivi. Dai dati presentati dal Presidente del Centro di Coordinamento RAEE, Danilo Donato, è emerso che nel 2010 il sistema di raccolta e recupero dei RAEE ha registrato “un incremento del 27% rispetto all’anno precedente”, raggiungendo l’obiettivo definito per legge di “4 chilogrammi di RAEE raccolti per abitante”; i costi unitari si sono ridotti del 40% (dal 2008 al 2010) e le 3.564 isole ecologiche hanno gestito circa 90.000 tonnellate di rifiuti (pari al peso di 13 torri Eiffel!), evitando l’immissione in atmosfera di 1.853.778 tonnellate di CO2. Il problema però è che tanti RAEE vanno a finire nell’indifferenziata, tanti vengono rottamati e tanti altri ancora esportati illegalmente. Considerato che l’obiettivo al 2016 è riuscire a raccogliere almeno l’85% dei RAEE generati, che corrispondono a circa 12 chilogrammi per abitante, è evidente come sia necessario trovare una soluzione che porti a una diversa presa di coscienza di tutti i soggetti coinvolti.

 

Strategico in questo quadro, il ruolo dei Comuni, soggetti a cui il Centro di Coordinamento offre anche assistenza. Il Vice Presidente dell’ANCI, Filippo Bernocchi, lamenta una mancata considerazione di quelli che sono attori importantissimi nel processo di gestione dei rifiuti e tanto meno condivide la proposta di affidare alle Regioni la gestione del sistema. “Sarebbe una sciocchezza – ha detto Bernocchi – coinvolgere Enti troppo lontani dal territorio”. Grazie però alla collaborazione tra ANCI e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, è stato possibile far slittare tutto a fine dicembre 2012 e avviare, quindi, un tavolo di consultazione per fissare criteri precisi cui fare riferimento.

 

Anche per l’On. Ermete Realacci, la provincializzazione della gestione dei rifiuti paralizza e l’attesa di revisioni e correttivi, nazionali e comunitari, non fa altro che bloccare gli investimenti. “Non si è ancora capito – ha detto Realacci – che si tratta di una materia in grado di rilanciare l’economia del nostro Paese”. Insomma, una corretta risoluzione del problema deve sì tener conto di quelle che sono le problematiche nazionali, ma interfacciarsi e interagire attivamente anche su un piano europeo. “Mi auguro che nella revisione della Direttiva in sede europea – ha detto il Vice Presidente di Ecodom, Paolo Falcioni l’Italia abbia un ruolo da protagonista per promuovere la competitività dell’intera filiera e valorizzare le specificità italiane”. Il MATTM è schierato in prima linea per correggere il decreto 65 e rivedere il decreto tariffe. Il rappresentante del Ministero intervenuto questa mattina, Massimiliano Atelli, ha parlato di una partita di sviluppo culturale che noi tutti dobbiamo vincere. Fondamentale, poi, risulta la corretta informazione ai cittadini, che, attraverso azioni di sensibilizzazione, devono diventare soggetti consapevoli per interagire attivamente nel confronto tra parti pubbliche e parti private e avviare quindi programmi comuni di interesse collettivo.

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