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Bristol, la popolazione manifesta contro la centrale a biofuel

(Rinnovabili.it) – Insorgono i consiglieri di Bristol. Il progetto per la costruzione di una centrale alimentata con biocarburanti non è piaciuto alla popolazione né tantomeno ai gruppi ambientalisti che lo vedono come un rischio per la foresta pluviale e per la sicurezza mondiale, visto che la coltivazione di vegetali per la produzione di biofuel spesso toglie aree coltivabili all’agricoltura per scopi alimentari.
Barbara Janke, a capo del Consiglio Cittadino, a questo proposito ha dichiarato di essere preoccupata sulle conseguenze che le colture di palma da olio e di piante di jatropha potrebbero avere sul territorio.
Attualmente il governo ha in vigore uno schema a sostegno della produzione energetica da fonte rinnovabile a patto che i progetti non abbiano un impatto inaccettabile sull’ambiente naturale ma si temono eccezioni in casi in cui, come sta accadendo per Bristol, gli impatti siano incerti in virtù del fatto che le previsioni a lungo termine non possono essere precise.
Se dovesse essere realizzato, l’impianto di Bristol riuscirà a portare energia in ben 25mila abitazioni consumando ogni anno 75mila tonnellate di olio vegetale, principalmente olio di palma e di jatropha.
Nonostante i numerosi pareri contrari l’Unione Europea sta spingendo a riflettere sulla notevole riduzione delle emissioni dannose derivanti dall’utilizzo di biofuel al posto di carburanti fossili per la produzione di energia, tant’è che in Gran Bretagna le centrali elettriche alimentate con oli vegetali ricevono dal governo incentivi che rientrano nel Renewable Obligation Certificates (ROC), fondo che incentiva la produzione pulita di energia a condizione che il sistema di alimentazione risulti conforme alla normativa UE, come anche i carburanti utilizzati.
Nonostante i buoni propositi dell’Unione rimangono attivi i gruppi anti-biofuel a sostegno dell’idea che incrementare la produzione di biofuel può solo causare danni all’agricoltura mettendo sotto pressione le colture e portando all’innalzamento dei prezzi del cibo oltre che alla distruzione di habitat naturali con la compromissione della fauna e della flora locale.

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