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Biofuel, il comparto in allerta aspetta le decisioni della Commissione

(Rinnovabili.it) – Da diverso tempo il dibattito sul cambiamento di destinazione d’uso dei terreni (ILUC-indirect land use change) infiamma gli animi di finanziatori, industrie e agricoltori che, per ottenere maggiore profitto, destinano terreni solitamente utilizzati per colture alimentari alla coltivazione di materia prima per l’industria dei carburanti. Da qui la preoccupazione generale che le coltivazioni alimentari divengano sempre più rare mettendo a rischio la sicurezza alimentare e portando alla progressiva cancellazione delle foreste, distrutte al fine di ottenere sempre nuove aree dove poter coltivare.

L’attuale conseguenza di questi comportamenti sembra essersi concretizzata in uno stallo degli investimenti, ritenuti ormai non troppo sicuri a causa dell’incertezza circa i reali benefici, in termini di riduzione e diminuzione delle emissioni, dell’impiego e della coltivazione di vegetali destinati all’industria dei carburanti green, incertezza legata anche ad una politica non molto solida che regola l’intero comparto.
Dopo la decisione dell’UE di alzare la quota green all’interno dei carburanti al 10% entro 10 anni si è creato un flusso economico di circa 17 miliardi di dollari annui, che ha interessato produttori come la Francia, la Germania, il Brasile, la Malesia e l’Indonesia.
“Il dibattito sull’ILUC è stato altamente dannoso per l’industria”, ha detto Kare Riis Nielsen, capo degli affari europei presso il produttore di enzimi danese Novozymes. “Le condizioni di incertezza nella politica sui biocarburanti hanno bloccato molti degli investimenti necessari nel settore dei biocarburanti sostenibili, soprattutto nei biocarburanti di prossima generazione”.

La cancellazione degli ettari di foresta messi a fuoco per fare spazio alle coltivazioni per l’industria del bioetanolo sta mettendo a rischio il settore: le emissioni generate dagli incendi infatti spesso superano spesso i benefici apportati dall’impiego di carburanti alternativi, rendendo il business sempre meno allettante e sicuro per gli investitori.
Di contro la Commissione ha eseguito studi su 15 diverse colture da biocarburanti, con la conclusione che nei prossimi dieci anni in Europa le politiche sui biocarburanti potrebbero avere un impatto indiretto pari a 4,5 milioni di ettari di terreno – un’area delle dimensioni di Danimarca.
“Si sta parlando di un effetto domino in un luogo molto lontano – si può discuterne, ma il modello scientifico è molto traballante”, ha detto Raffaello Garofalo, segretario generale della European Biodiesel Board ricordando che attraverso una revisione della gestione del comparto agricolo e riutilizzando gli scarti vegetali dell’industria destinandoli all’alimentazione animale si potrebbe ridurre l’impatto sulle risorse del pianeta.

Dal lavoro della Commissione, che sta stilando la classifica dei biocarburanti in base all’impatto ambientale, il bioetanolo ottenuto dalla lavorazione della paglia è risultato il meno inquinante, a seguire il carburante ottenuto dalla barbabietola da zucchero e poi dal grano.
“L’etanolo prodotto dalla paglia o dal grano portano ad una riduzione dell’80% del ciclo di carbonio, non ci sono quindi molte analisi da fare” ha specificato Manuel Sanchez Ortega, chief executive di Abengoa ricordando però che le analisi sull’impatto delle coltivazioni di cereali non sono ancora state terminate.
Ma il vero ostacolo per il mercato sarebbe la politica attualmente inadatta ed inefficace, con la necessità di formulare una regolamentazione che riesca a condurre il comparto verso la sostenibilità e il raggiungimento degli obiettivi europei senza danni all’ambiente e alle risorse.

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