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“Bioforenergy”: bioenergia dai liquami e dagli scarti vegetali

Utilizzare gli scarti vegetali, il legname, i liquami per scaldarsi, viaggiare ed accendere la luce. La produzione di biocarburanti, energia termica ed elettrica da fonti rinnovabili, è al centro del progetto europeo “Bioforenergy”, promosso dalla Regione Marche e dalla Svim (Società Sviluppo Marche), presentato ad Abbadia di Fiastra. Il progetto ha coinvolto inoltre la Regione Abruzzo ed alcuni territori di Serbia e Bosnia Erzegovina. Per le Marche le aree destinate ad ospitare impianti a biomasse sono la valle del Misa Nevola con 12 Comuni (Barbara, Belvedere Ostrense, Castel Colonna, Corinaldo, Montecarotto, Monte San Vito, Morro d’Alba, Ostra, Ostra Vetere, Ripe, San Marcello, Serra de Conti) ed il fermano con 13 Comuni (Fermo, Altidona, Grottazzolina, Lapedona, Magliano di Tenna, Monerubbano, Monte Urano, Ponzano, Porto San Giorgio, Porto sant’Elpidio, Rapagnano, Sant’Elpidio a mare, Torre San Patrizio).
“Con questo progetto” ha sostenuto il Vicepresidente e Assessore all’Agricoltura della Regione Marche Paolo Petrini “vogliamo sensibilizzare le popolazioni delle aree coinvolte nella produzione di bioenergie sulle opportunità offerte da questo tipo di filiera, sia per l’effetto sul costo delle bollette sia per quanto riguarda le opportunità economiche offerte al sistema agricolo e forestale marchigiano”.
Sugli impianti a biomassa, è stato detto al convegno di Abbadia da tecnici ed esperti del settore, va sfatato il luogo comune che siano inquinanti e pericolosi per la salute. Al contrario la combustione a biomassa non contribuisce all’effetto serra perché non produce zolfo e genera un quantitativo limitato di carbonio: a parità di energia prodotta vengono emessi due chili di carbonio contro i 24 del carbone, i 22 del petrolio e i 14 del gas naturale. Gli impianti a biomassa previsti nelle Marche dovrebbero consentire di produrre, entro il 2013, circa 380 gwh di energia, rispetto ad un fabbisogno di quasi 9 mila gwh, in costante crescita. Dovrebbero rappresentare, quindi, un’importante fonte di produzione di energia alternativa.
“Nelle aree del fermano e del Misa Nevola” ha spiegato il presidente della Svim Roberto Tontini “abbiamo coinvolto i Sindaci, le associazioni agricole e gli operatori economici per costruire le filiere finalizzate alla produzione di bioenergia. Sono stati inoltre realizzati studi di fattibilità sul territorio a cura dell’Università politecnica delle Marche”. I risultati di questi studi sono stati presentati dal Professor Giovanni Riva dell’ Università Politecnica delle Marche e dalla ricercatrice Carla De Carolis , con particolare attenzione alle filiere legno –energia e biogas del Misa Nevola e legno – energia e olio energia del fermano. Pamela Lattanzi dell’Università di Macerata, ha presentato i protocolli d’intesa che verranno firmati dai rappresentanti istituzionali e imprenditoriali aderenti alle filiere.
Paola Tano, ricercatrice del Cotir, ha presentato l’area pilota abruzzese della Val Peligna, Mirko Stoijkovic ha descritto l’area serba di Bela Palanka . L’ultima area coinvolta nel progetto è quella bosniaca di Srbac.
I vantaggi ambientali, sociali ed economici derivanti dalla produzione di bioenergia, sono stati discussi in una tavola rotonda moderata da Vito Pignatelli dell’Enea, ente nazionale per l’energia e l’ambiente. Vi hanno partecipato i responsabili nazionali per l’ambiente e l’energia della Cia Marco Pasquale, della Confagricoltura Claudio Raddino, della Coldiretti Luca Dapote insieme al rappresentante di Agrienergia Italia-Copagri, Andrea Azzolini, a Francesco Adornato preside della facoltà di scienze politiche dell’Università di Macerata, a Giovanni Riva dell’Università politecnica delle Marche, agli amministratori locali.

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