Non è confortante il quadro dell'EEA sullo stato di salute delle specie faunistiche e floristiche nel continente europeo, ancora molta la strada da percorrere per limitare i danni.
(Rinnovabili.it) – Si è aperta ieri la decima “Conferenza della Parti (COP-10) di Nagoya”:https://www.rinnovabili.it/clima-e-biodiversita-curati-con-le-carbon-mapping701737, in Giappone, con l’intento di riunire leader e politici di tutto il mondo e delineare le strategie migliori per arrestare l’incessante perdita di Biodiversità a livello globale. Non poteva quindi mancare l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA, European Enviroment Agency), presente all’appuntamento con le proprie valutazioni sulla diversità biologica nel vecchio continente. Secondo l’Agenzia gli impegni presi nel 2001 dall’Unione europea, mediante la sottoscrizione della Convenzione sulla Biodiversità, non sono stati purtroppo conseguiti. Nel recente rapporto della stessa EEA, dal titolo _“Valutazione della Biodiversità in Europa”,_ vengono infatti svelate le maggiori lacune accumulate a livello comunitario e proposte le le “UE 2010 Biodiversity Baseline”:https://www.eea.europa.eu/themes/biodiversity/where-we-stand da seguire per misurare lo stato di salute delle specie animali e vegetali del nostro continente dal 2011 al 2020.
Risulta ancora molto elevata la percentuale delle specie minacciate dal pericolo dell’estinzione che in percentuale, nonostante la decrescita del fenomeno, risulta essere il 25% per i mammiferi marini e il 15% per i loro parenti terrestri, oltre ad un 22% per anfibi e il 21% per i rettili. Inoltre l’88% delle specie ittiche risulta sovra-sfruttato e fenomeni come la frammentazione degli habitat e l’uso smisurato del suolo continuano ad essere fra le principali cause della perdita di biodiversità. Solamente ora si inizia ad attribuire la giusta valenza degli impatti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi, con un conseguente avanzamento del loro stato di degrado; occorre però ricordare che nonostante la legislazione UE, così come la creazione delle rete Natura 2000, stiano contribuendo al risanamento dei danni ambientali, i progressi restano limitati, come nel caso dell’ecosistema marino. Dati che si contrappongono ad una crescita costante, dal 1960, del divario tra domanda e capacità produttiva in Europa, che non riesce a soddisfare le proprie esigenze di consumo.