Si è concluso il convegno del progetto «Luci sullo sviluppo: le energie rinnovabili come strumento di lotta alla povertà», che si è svolto ieri, al Centro Congressi della facoltà di Sociologia e Comunicazione della Sapienza Università di Roma.
Ad oggi, i biocarburanti sono unanimemente riconosciuti come potenziali fonti di energia pulita, non direttamente connessi al consumo di petrolio e di natura prevalentemente vegetale e organica. Eppure non è altrettanto noto come sia la composizione organica di ciascuna biomassa (ognuna delle quali ha proprie caratteristiche agricole ed energetiche) a determinare la sostenibilità o meno di un biocarburante.
In questo scenario, il percorso verso una coscienza sostenibile si fa pertanto più complessa: la sfida delle associazioni del terzo settore, della ricerca e della cittadinanza attiva non dovrà limitarsi alla condivisione di uno spirito alla coerenza – come la definisce Silvio Marconi, antropologo ed ingegnere, da anni collaboratore di Ricerca e Cooperazione – condizione umana che punta a riesaminare i propri stili di vita per depurarli dai vizi del XXI secolo e dalle scelte consumistiche indotte (non a caso la produzione di condizionatori in Italia è più che triplicato dal 1999 al 2005, nonostante il problema del global warming sia sentito prioritario dai vertici del Governo). Piuttosto, dovranno ammettere che «per risolvere la questione non potranno certo partire con lo stesso pensiero con cui hanno iniziato», sottolinea l’esperto.
«In termini tecnico-scientifici – interviene Cappelli, docente della Facoltà di Ingegneria della Sapienza Università di Roma – il concetto continua a tradursi nella produzione dei biocarburanti, che dovranno puntare però sull’innovatività delle biomasse: non più produzioni di bioetanolo senza limiti, ma cellulosa e alghe come risorse maggiormente sostenibili»; «non più indipendenza energetica, ma un sistema distribuito, che permetta un utilizzo flessibile e combinato di combustibili alternativi», continua Marino Gattoni della Power Ventures, azienda che dal 2007 è impegnata nella produzione e distribuzione di energia nelle zone critiche del Sud del mondo.
Per i cittadini italiani, la chiave di lettura è il risparmio: se si riducesse di almeno il 30% il nostro livello di vita, il risparmio sarebbe drasticamente tangibile e a sua volta ridestinabile sottoforma di fondi per la ricerca.
È in quest’ottica che si inserisce il progetto di Ricerca e Cooperazione «Luci sullo sviluppo»: un percorso biennale di formazione, sensibilizzazione e promozione del come e quali fonti energetiche alternative valorizzare, che parte dai ragazzi delle scuole superiori per coinvolgere studenti universitari ed enti locali. Un coinvolgimento dal basso, che vuole arginare gli ostacoli del lobby, affinando invece le tecniche di advocacy e la sua immagine di Ong del fare.
Amara, dunque, la considerazione che i temi globali siano inevitabilmente inseriti nella scaletta di Governo, ma che a sbilanciarsi in prima linea siano, inequivocabilmente, le realtà del terzo settore e della ricerca. Le meno tutelate a livello istituzionale.
(Fonte RC Ricerca e Cooperazione)