(Rinnovabili.it) – In Australia la grande barriera corallina corre un grave pericolo a causa del riscaldamento globale e dell’afflusso delle sostanze chimiche che rischiano di far sparire specie marine e provocare l’insorgenza di gravi malattie.
La relazione viene dell’Autorità del Parco Marino che attraverso un rapporto rivela: “Mentre le popolazioni di quasi tutte le specie marine sono intatte e non ci sono registrazioni di estinzione, alcune specie ecologicamente importanti, come il dugongo, le tartarughe marine, uccelli marini, teatfish nero e alcuni squali, sono diminuiti in modo significativo”.
Corallo malato, focolai di avvelenamenti delle alghe verdi e una contaminazione da parte di specie pestilenziali come la corona di spine-stella: questa è la situazione che investe un’area di circa 350 mila chilometri quadrati.
“Quasi tutte le biodiversità della Grande Barriera Corallina saranno interessate dai cambiamenti climatici – spiega il rapporto
– Lo sbiancamento dei coralli derivanti da un aumento di temperatura del mare e tassi più bassi di calcificazione nella formazione dell’esoscheletro, come nel caso dei coralli. Tutto ciò a causa dell’acidificazione degli oceani”.
L’afflusso di pesticidi derivati dall’azoto che giungono dalle aree agricole circostanti, è la maggior preoccupazione, ribadisce il rapporto, aggiungendo che il loro impatto è ancora oggi in gran parte sconosciuto.
Il rapporto ha influenzato il governo che ha deciso la necessità di adottare delle contromisure iniziando a dimezzare il deflusso di scarti agricoli entro il 2013 e di ridurre i carichi di sedimenti del 20% entro il 2020.
“Migliorare la qualità dell’acqua che scorre nella barriera corallina è una delle cose più importanti che possiamo fare per aiutare la scogliera di resistere agli impatti del cambiamento climatico”a ha detto Garrett.
D’altronde in Australia il centro-sinistra, da qualche tempo governo, ha già stanziato 52 milioni di dollari australiani per migliorare la qualità delle acque sulla scogliera.
Saranno anche ridotte le emissioni di gas a effetto serra del 25% sui livelli del 2000 ed entro il 2020, se i leader del mondo sottoscrivessero a Copenaghen un ambizioso obiettivo di riduzione.