Rinnovabili

Asso Energie Future: sul fotovoltaico previsioni gonfiate

“Previsioni gonfiate”. Nel carosello di numeri e stime innescatosi dopo la diffusione dei dati sul fotovoltaico da parte del GSE, intervengono anche Asso Energie Future e Grid Parity Project, per “ristabilire – dicono – la verità in questi giorni oltraggiata”. Al Gestore dei Servizi Elettrici, che un mese fa aveva stimato per l’anno in corso una potenza istallata pari a 7.000 MW, le due associazioni replicano fornendo cifre meno ambiziose: al massimo, sostengono, a metà 2011 la potenza istallata in Italia toccherà quota 4.700 MW. Insomma, una “situazione sensibilmente diversa” suffragata, fanno notare, dalle ricerche elaborate da Credit Suisse, Jefferies & Company e Morgan Stanley: “È difficile credere alla suggestione di 6 gigawat di capacità produttiva inutilizzata e non connessa”, commenta tra gli altri la banca d’affari newyorkese.

In ogni caso, dice il presidente di Asso Energie Future Massimo Sapienza, l’obiettivo fissato dal governo per il fotovoltaico (8.000 MW entro il 2020) appare “minimale” e “modesto”, soprattutto se si guarda alla tabella di marcia messa a punto dalla Germania, che vanta già 18.000 MW istallati e per lo stesso periodo si è data un target di 52.000 MW. L’asticella, propongono le due associazioni, dovrebbe essere alzata a 20.000 MW entro il 2020.

Come si spiega, allora, la crescita esponenziale stimata dal GSE (pari al 160 per cento)? Secondo le due associazioni, “una parte delle richieste di incentivi è stata probabilmente avanzata da chi non aveva il diritto di farlo”. In altre parole, “per accedere al secondo conto energia, più conveniente, sono state presumibilmente fatte delle dichiarazioni false o esagerate da alcuni furbi. Inoltre, la confusione è stata massima, soprattutto negli ultimi giorni: ci sono domande che sono arrivate e sono state registrate numerose volte. Anche il GSE sta rivedendo le stime, ma intanto il danno è fatto”.

E se i detrattori dell’energia solare descrivono un scenario a tinte fosche e in mano agli “speculatori”, Sapienza fa notare come gli impianti residenziali ammontino al 34 per cento (1.566 MW) sul totale stimato di 4.700 MW, quelli intermedi (impianti tra i 51 chilowatt e 600 chilowatt su terreni o capannoni di proprietà) al 38 per cento (1.786 MW), mentre gli operatori finanziari e industriali “pesano” solo il 28 per cento (1.316 MW).

Il presidente rispedisce al mittente anche l’accusa secondo cui il fotovoltaico “minaccerebbe l’agricoltura”, dal momento che gli impianti a terra rappresentano il 50 per cento del totale istallato e occupano 4.800 ettari (2.400 MW), pari allo 0,04 per cento del terreno agricolo. Destituita di fondamento, secondo le associazioni, anche la tesi che vorrebbe l’industria del sole una macchina spendi soldi pubblici a favore delle aree depresse (leggi il Meridione). Dati alla mano, dice Sapienza, il Nord vanta il maggior numero di impianti istallati (38 per cento), seguìto da Sud (33 per cento), Centro (21 per cento) e, fanalino di coda, le isole con l’8 per cento.

Infine le tasche. Quanto costa l’energia prodotta dal vento? Secondo i dati elaborati dalle due associazioni, lo scorso anno gli italiani hanno sborsato complessivamente 800 milioni di euro (7,2 euro annui a famiglia su un totale rinnovabili pari a 24,5 euro). Sei centesimi al mese che quest’anno saliranno a 1,7 euro al mese: praticamente “il prezzo scarso di un solo caffè con un cornetto” che secondo Asso Energie Furure e Grid Parity Project genererà un circolo virtuoso fatto di aumento dell’occupazione (tra i 210 mila e i 225 mila posti di lavoro nei prossimi anni), della ricchezza Paese (110 miliardi di euro entro il 2020) e delle entrate fiscali (50 miliardi di euro nei prossimi trent’anni). Senza dimenticare la sforbiciata alle emissioni di CO2, pari al 5 per cento del totale. Riduzione possibile raggiungendo l’obiettivo degli 8.000 MW da fotovoltaico entro il 2020.

Tema spinoso, quello delle tasche degli italiani, su cui è intervenuto anche il senatore del Pd e responsabile delle Politiche per il clima Francesco Ferrante: “La verità – afferma – è che nel nostro Paese i costi più gravosi sulle bollette energetiche non sono certo quelli dovuti alle rinnovabili. Gli incentivi per le rinnovabili pesano infatti per meno della metà del totale degli oneri di sistema: nel 2010 circa 2,7 miliardi su un totale di oltre 5,8 miliardi di euro”. Ragion per cui, dice, è tempo di “far pulizia” e “liberare le nostre bollette elettriche da oneri che risultano del tutto impropri”. A partire dall’IVA: un miliardo nel 2010 incamerato dallo Stato. E proseguendo con gli oltre 1,2 miliardi di euro per il CIP6, che, seppur in esaurimento, ancora nel 2010 incentivava le fonti assimilate (fossili). Tra gli oltre 3 miliardi di euro non destinati alle rinnovabili, che hanno gravato sulle bollette elettriche degli italiani nel 2010, vi sono poi 285 milioni “destinati all’eredità nucleare”. Vanno conteggiate anche le agevolazioni che riguardano le Ferrovie dello Stato e che lo scorso anno ammontavano a 355 milioni di euro. “Tutti oneri – commenta il senatore democratico – che più correttamente dovrebbero essere sostenuti dalla fiscalità generale, e non in proporzione ai consumi elettrici.” Infine, nella bolletta degli italiani figurano anche 644 milioni di euro che i produttori di energia elettrica da fonti fossili, obbligati per legge ad acquistare Certificati Verdi, “scaricano impropriamente sulle bollette dei consumatori eludendo in tal modo la ratio del meccanismo che dovrebbe invece tradursi in una riduzione degli utili per il produttore che non fa sufficiente ricorso a fonti rinnovabili”. Insomma, taglia corto Ferrante, gli incentivi alle rinnovabili “sono gli unici oneri che dovrebbero correttamente rimanere in bolletta”. In linea, del resto, con quanto stabilito dalla Commissione Europea, secondo la quale tali costi devono restare “fuori bilancio”, ovvero a carico dei consumatori di energia piuttosto che della fiscalità.

Le proposte. Asso Energie Furute e Grid Parity Project invitano l‘Esecutivo a modificare lo schema di decreto che recepisce la Direttiva europea 28/2009 sulle fonti rinnovabili e licenziato da Palazzo Chigi lo scorso dicembre: al governo chiedono, tra le altre cose, di eliminare il limite di 1 MW di produzione su almeno 20 ettari agricoli per il fotovoltaico a terra. Sul fronte autorizzazioni, le due associazioni auspicano correzioni che limitino la proliferazione delle richieste (fissando requisiti di professionalità) e garantiscano tempi certi (180 giorni). Quanto alle aste, viene caldeggiato il loro superamento a favore di tariffe stabili e decrescenti in linea con i miglioramenti tecnologici. Il tutto nel quadro della “lotta per la legalità” contro “furbi e criminalità organizzata”.

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