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Aper: le rinnovabili e l’anomalia italiana

Presentata dall’Associazione, in audizione al Senato un'indagine, conoscitiva sulle problematiche relative alle fonti d’energia alternative con particolare riferimento alla riduzione delle emissioni in atmosfera e ai mutamenti climatici

Poche linee guida chiare e univocamente definite, complicati iter autorizzativi, proliferazione della sindrome di NIMBY, ostacoli di tipo infrastrutturale a cui si aggiunge la mancanza di un segmento industriale maturo e di strumenti di incentivazione adeguati. Queste, in sintesi, le “pecche” messe in luce per il settore delle energie rinnovabili, da Aper, un pluri-livello di ostacoli, che rendono irta la strada verso quanto stabilito dalla Commissione Europea nel “Pacchetto Clima-Energia al 2020”.
Eppure per l’Associazione di produttori si tratta di obiettivi “ambiziosi, sfidanti, ma non impossibili”, a patto che si provveda a risolvere quell’anomalia tipicamente italiana che fa delle rinnovabili un settore in crescita ma non trainante, a differenza di paesi come la Germania, la Spagna o il Regno Unito. “L’Italia – scrive Aper – risulta infatti uno dei Paesi a maggiore produzione di energia rinnovabile che non è dotato di una propria industria manifatturiera di settore, in particolare per quanto riguarda l’eolico e il fotovoltaico, tecnologie in cui i paesi più maturi hanno saputo investire da decenni e si trovano oramai in una posizione di controllo dei mercati e dei margini”. Questa sorta di inerzia è il risultato di quella serie di barriere sopracitate, che l’Associazione analizza con lucidità allo scopo di proporre a Parlamento e Governo le azioni necessarie al superamento. Nel “Position Paper”:https://www.aper.it/newsite/images/stories/Position_Paper/2009/osservazioni%20aper%20%20audizione%20xiii%20commissione%20ambiente%20senato%20030309.pdf presentata nel corso dell’Audizione presso la XIII Commissione del Senato vengono così messa in luce innanzitutto l’assenza delle linee guida nazionali previste dal DLgs 387/03, art. 12 e la disomogeneità nel recepimento a livello regionale dell’iter autorizzativo per gli impianti a FER, ulteriormente complicato dalle difficoltà di procedura o dalla comunicazione fra enti. Non tutte le Regioni, inoltre, “si sono dotate di strumenti di pianificazione energetica (PER – PEAR), peraltro non sempre i piani energetici approvati affrontano correttamente il tema dello sfruttamento delle risorse presenti naturalmente sul territorio”. “Occorre giungere quanto prima all’applicazione di un procedimento autorizzativo unico a livello nazionale, secondo uno schema comune e condiviso a livello di Conferenza Unificata Stato-Regioni-Enti locali”.
Permangono allo stato attuale ostacoli di tipo culturale e infrastrutturale, soprattutto in considerazione di una rete elettrica che è stata progettata negli anni ‘60 e principalmente come monodirezionale, senza dunque prendere in considerazione le esigenze della cosiddetta generazione distribuita. Tra le azioni preposte al superamento di tali barriere anche l’individuazione di meccanismi di premialità e di sanzione, “che presiedano al raggiungimento dei target regionali con una logica di “meccanismi flessibili” tali da garantire ricadute economiche sui territori delle Regioni virtuose”, nonché il recupero del ritardo in ambito attuativo a quanto previsto dalle leggi 222/07 e 244/07.