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Ancora una scommessa sull’aria compressa

(Rinnovabili.it) – Sali fusi, serbatoi idrici, volani, idrogeno, aria compressa. Tra soluzioni vecchie e nuove, le direzioni investigate per lo stoccaggio energetico hanno subito la stessa accelerazione della tecnologia solare ed eolica dove l’armonizzazione tra la fornitura e la domanda di elettricità risulta in molti casi più articolata rispetto alle fonti tradizionali.
A scegliere l’opzione dei serbatoi di aria pressurizzata è anche una compagnia dell’Utah, ultima dietro una serie di progetti in fase di sviluppo e gli unici due esempi di impianti su scala commerciale: quelli di McIntosh, in Alabama, e di Bremen, in Germania.
Per Magnum Energy LLC, questo il nome della società non si tratterà però di sfruttare caverne sotterranee preesistenti ma di scavarne ex-novo sotto il deserto dell’Utah. I piani prevedono innanzitutto di realizzare alcuni serbatoi per il deposito del gas naturale a partire da una miniera di sale localizzata a 1,6 km nel sottosuolo ed esplorare nel contempo la possibilità di adibirne parte allo stoccaggio in aria compressa.
Per ora la parte più spinosa della tecnologia in questione rimane il procedimento di riscaldamento e raffreddamento dell’aria, in quanto la compressione provoca un innalzamento della temperatura (circa 600°C) tale da non poter essere rilasciata nel sottosuolo prima di averla raffreddata, abbassandone però, di conseguenza, la pressione. Idealmente lavorando in un sistema adiabatico si può aumentare il rendimento, in quanto verrebbe recuperato il calore sottratto nella fase di raffreddamento per poi riutilizzarlo nella fase di riscaldamento, ma anche così permangono delle perdite che non portano l’efficienza oltre il 70%.

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