La convinzione che il nucleare possa rappresentare la soluzione ai problemi di approvvigionamento energetico sta mostrando alcune crepe. Mauro Spagnolo ne ha discusso in diretta con Licia Colò
Il disastroso incidente che ha coinvolto i reattori di Fukushima a seguito del terremoto e dello tsunami che l’11 gennaio scorso hanno colpito il Giappone, ha fatto slittare al 2012 le decisioni governative sulla nascita del nuovo nucleare italiano. Per approfondire il delicato tema sul futuro mix energetico del nostro paese Mauro Spagnolo, Direttore del quotidiano *Rinnovabili.it* è stato ospitato in trasmissione da Licia Colò in occasione della consueta puntata domenicale di *“Alle falde del Kilimangiaro”*. In una lunga intervista è stato posto l’accento sui pericoli per la salute dovuti agli incidenti nelle centrali nucleari, spesso sottovalutati e tenuti nascosti al grande pubblico per non creare allarmismi. Secondo quanto contenuto in uno studio condotto dall’Università di Alcalà (Madrid) in collaborazione con il Cancer Epidemiology di Oxford e con l’ufficio governativo tedesco per la protezione dalle radiazioni, il rischio di leucemie e altre neoplasie sarebbe elevato anche in presenza di piccole dosi di radioattività rilasciata in occasione degli incidenti definiti “minori”, che nel 2007 sono stati registrati in numero di 942, a danno soprattutto di bambini e di donne in stato interessante.
Davanti a questa realtà oggettiva appare chiaro che la risposta energetica deve essere cercata altrove. Ma cosa pensano gli italiani del nucleare? Se lo sono chiesti gli esperti della GNResearch che intervistando gli italiani hanno scoperto che il 75% di loro è contrario alla costruzione di nuove centrali di cui il 58% _molto contrari_ mentre alla domanda “Su cosa dovrebbe puntare l’Italia per dipendere meno dall’estero” il 69% si è dichiarato _assolutamente favorevole_ allo sviluppo esclusivo di energia da fonte rinnovabile. Ma il nostro territorio vanta già esempi virtuosi, lo rivela Legambiente nel rapporto “Comuni Rinnovabili” in cui leggiamo che 15 comuni sono energeticamente autosufficienti grazie allo sfruttamento di fonti energetiche non fossili: 1° classificato Sluderno, comune con poco meno di 2000 abitanti in provincia di Bolzano.
Il nucleare, a conti fatti, non convince gli italiani. Non li convince perché, come ribadito da Mauro Spagnolo, spesso i calcoli sul risparmio economico legato alla realizzazione di una centrale “non tengono conto del prima e del dopo, ovvero della fase di sviluppo dell’impianto e della successiva dismissione a fine vita, ma si basano solamente sul periodo di generazione energetica” un calcolo parziale quindi, che non riesce a persuadere l’opinione pubblica anche perché, come si legge in un rapporto della statunitense Duke University, i costi del solare nell’anno passato hanno vantaggiosamente sorpassato il nucleare divenendo più economici rispetto all’atomo. Questo fa sperare, come auspica anche l’Amministrazione di Monaco di Baviera che si è imposto entro il 2015 di produrre il 100% della propria energia senza emissioni climalteranti, che sull’esempio di realtà virtuose la comunità internazionale possa prevedere seriamente una strategia condivisa di abbandono delle fonti fossili.
Qual è allora la strada da intraprendere? Secondo Spagnolo credere con determinazione nello sviluppo delle fonti rinnovabili e, specialmente, intraprendere un drastico cambiamento del nostro stile di vita inteso non come abbassamento della qualità della vita ma semplicemente come sviluppo delle metodiche dell’efficienza energetica. A questo riguardo sono state illustrate alcuni innovativi esempi di finestre “SHUCO”:https://www.schueco.com/web/it/start/home/start/windows_doors_facades dotate di vetri fotovoltaici.
A fronte di queste affermazioni, è stato anche lanciato un allarme: la situazione del fotovoltaico italiano è in stallo a causa delle disposizioni contenute nel Decreto Romani che limita gli incentivi al settore al 31 maggio 2011, data oltre la quale non si sa come saranno riorganizzati i meccanismi di incentivazione. A seguito del Decreto, infatti, il comparto ha subito una battuta d’arresto che sta mettendo in serie difficoltà un settore che in pochi anni era riuscito a creare 120mila posti di lavoro e che in poche settimane ha visto già inviate le prime lettere di cassa integrazione a seguito anche del blocco del credito da parte delle banche.
Sono alcune delle contraddizioni che la politica energetica sta vivendo nel nostro Paese e che ci auguriamo presto vengano affrontate e risolte in modo responsabile.