Rinnovabili

Acot: “Obama, questo è l’ultimo campanello d’allarme”

Ormai non è più possibile parlare solo di “quando” il petrolio finirà di essere la più tragica testimonianza dell’errore umano nel Golfo del Messico. Ora bisogna pensare al come: come riportare, per quanto possibile, tutto com’era circa quarantuno giorni fa. Pensare a come superare il “più grave disastro ambientale della storia degli Stati Uniti”. Pensare a cosa il disastro della BP ha insegnato al presidente Usa Obama e soprattutto non ragionare in futuro solo in termini economici. Per Barak Obama ogni giorno in più segnato dal calendario è un paletto che segna il confine tra quello che non sarebbe mai dovuto accadere e quello che si sarebbe potuto fare per non farlo accadere.
Un errore forse prevedibile quello che ha dato origine alla “Marea Nera” non solo perché, come riportano in questi giorni molti quotidiani come il _New York Times,_ la BP avrebbe insabbiato la verità nei suoi dossier di un anno fa, ma perché l’estrazione del petrolio dal cuore della terra non è certo operazione da autorizzare con grande tranquillità. Il vero problema è stato non badare ai limiti delle perforazioni off shore, lecite perché energeticamente necessarie alla nazione, non prendendo in considerazione che una fuoriuscita di petrolio sarebbe diventata l’eccezione che conferma la regola. La regola del mercato del greggio che ha spinto anche il Presidente Usa a proseguire sulla strada delle estrazioni per continuare a rifornire un paese “energivoro” come gli Stati Uniti.
Ora che il disastro c’è Obama frena, osserva la marea dalle coste della Louisiana, sceglie la politica del “la pagherete cara” e mette nelle mani di chi ha provocato il disastro la guida delle operazioni di contenimento della fuoriuscita di greggio. Ora non conta solo la stima dei danni, quotidiani e futuri, che il petrolio della BP sta creando all’ecosistema e alla popolazione. Non conta più l’immagine pubblica del Presidente nobel per la Pace. Per Obama ora è tempo di pensare a come cambiare rotta, come superare il trauma e virare verso una politica energetica alternativa.

A invocare un “New Deal” energeticamente sostenibile è stato oggi, dalle pagine di _Repubblica,_ Pascal Acot, esperto di fama mondiale di scienze climatiche e ambientali e ricercatore di Storia delle scienze presso il Cnrs di Parigi. Nell’intervista Acot punta il dito contro Obama. Parole infuocate che invitano a ripensare questo disastro ambientale alla luce della corsa forsennata all’estrazione del petrolio. “La moratoria annunciata da Obama non basta. Non si può stare fermi ad aspettare che il peggio sia passato per poi ricominciare a tirar fuori il greggio come se nulla fosse. Questo – ha detto – è l’ultimo campanello di allarme, ignorarlo vorrebbe dire assumersi una responsabilità gravissima [perché] quando si agisce contro la natura la natura si ribella”. Acot, che ha dedicato molti anni allo studio dei grandi disastri ecologici, ha sempre sostenuto, infatti, che “non esistono catastrofi ‘naturali’ ma disastri sociali, provocati cioè dalla negligenza dell’ _Uomo”._ Che l’_Uomo_ di cui parla il ricercatore francese sia poi la declinazione della Politica o dell’Economia è questione di prospettiva storica. Ed Acot, infatti, non ha mancato di sottolineare che questa potrebbe essere “l’occasione per discutere il rapporto tra le grandi lobby industriali e la politica”. Nel disastro del Golfo del Messico l’ _Uomo_ potrebbe essere la cieca volontà di rincorrere l’autosufficienza energetica attraverso il petrolio, ignorando quell’energia pulita che viene dagli elementi naturali della terra di cui, in campagna elettorale, anche Obama era un fervente sostenitore.
Ora che la Marea Nera è diventato il peggior incubo di Obama bisogna ripartire da capo, riformulare la prospettiva energetica del suo Paese. Un atto di coraggio quello che probabilmente costerà ad Obama sostegno e consenso. In questo Acot si è fatto interprete di richieste sempre più condivise anche all’interno degli Stati Uniti poco inclini, fino ad ora, a fare delle energie rinnovabili il motore di traino dell’economia del futuro. “Obama deve prendere una decisione coraggiosa. Nel Golfo del Messico ci sono riserve di greggio comprese tra 3 e 15 miliardi di barili – ha sottolineato il ricercatore francese – Lasciamole dove stanno. L’industria del petrolio minaccia la salute del mare e quella dell’atmosfera: bisogna passare a un nuovo modello energetico basato sull’efficienza e sulle fonti rinnovabili. Solo così si riuscirà a prevenire sia altri disastri di questo tipo sia le conseguenze ancora più preoccupanti del caos climatico crescente prodotto soprattutto dall’uso dei combustibili fossili”.

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